Già, la presidenza. Ruolo principale in ogni Cop, soprattutto quando il martelletto è nelle mani di Paesi non sovrabbondante forti dal punto di vista diplomatico, con la necessità di dimostrare polso nel guidare i lavori, pena una figuraccia a livello internazionale. È proprio la presidenza a orientare le discussioni, a proporre i testi, a semplificare le bozze, a spingere con i propri negoziatori per arrivare a una conclusione positiva, a un risultato. Un concetto molto lontano dalla comprensione di chi è abituato ai meccanismi formali occidentali, alle procedure, alle regole. Alla Cop funziona diversamente: bisogna saperci fare, per così dire, e questo savoir faire non di rado lascia più di qualcuno scontento. La notizia, pubblicata venerdì dalla Bbc, che il capo della delegazione azera Elnur Soltanov avrebbe usato il proprio incarico per stringere accordi sulle fonti fossili ripropone il tema (antico) sull’opportunità di organizzare le conferenze in Paesi che sull’oil and gas hanno costruito il proprio benessere. Per non parlare del tema dei diritti umani, già posto nel 2022 in Egitto e nel 2023 a Dubai. L’Azerbaigian non ha tolleranza con gli oppositori politici, ed è improbabile, come già negli ultimi due anni, che assisteremo a manifestazioni di dissenso.
La finanza
Vediamo in modo migliore di cosa si discuterà. A Baku si proverà a definire il New Collective Quantified rete (acronimo Ncqg). Si tratta di passare dai cento miliardi di finanza climatica previsti a Copenhagen nel 2009 e raggiunti solo, in ritardo, nel 2022, ad (almeno) mille. Tanti i problemi, a cominciare dal quantum, vale a dire la cifra esatta: tante le stime, con alcune che arrivano anche a 2.400 miliardi. Ci si chiede poi che tipo di finanza includere: grants (vale a dire contributi a fondo perduto), prestiti, investimenti sono tutte opzioni, come pure si dovrà decidere la destinazione dei fondi: mitigazione, adattamento e loss and damage sono le ipotesi, con gradazioni differenti a seconda delle delegazioni e dell’approccio negoziale. Contribuirà anche il settore privato? Ed entro quando raggiungere l’obiettivo? Il 2030 o il 2035 sono molto differenti. Per non parlare del peso dell’svalutazione.
E poi, ancora, il dilemma principale: chi deve contribuire? Il cosiddetto Global South preme perché i denari prendano la via che dai Paesi sviluppati va verso quelli rimasti indietro, e che però non hanno avuto un ruolo storico nella crisi del clima e l’hanno anzi solo subita; il nord unitario pretende invece, prima di tutto, impegni sulla decarbonizzazione, anche per una questione di competitività. Non va dimenticato, come si è detto, che il ruolo della Cina è ambiguo, anche se Pechino potrebbe mostrare aperture in grado di aumentarne il prestigio.
I tanti forfait dei leader
Come di consueto i primi due giorni sono dedicati al summit dei capi di Stato e di governo. Centinaia di jet affollano i cieli di Baku portando le delegazioni alla Cop29. Tra le prime ad arrivare, già la settimana scorsa, quella americana. Il significato è mostrare che alla Conferenza si decide davvero: i leader ripartiranno subito lasciando spazio ai negoziatori, per tornare negli ultimi giorni in tempo per il sigillo finale.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2024-11-11 06:00:00 ,