Alzheimer, tutti i problemi del primo farmaco

Alzheimer, tutti i problemi del primo farmaco

Alzheimer, tutti i problemi del primo farmaco


Come nasceva un prezzo così elevato? Stando ai documenti presentati nel rapporto, si tratta di una decisione presa con l’unico obbiettivo di massimizzare i potenziali guadagni, per ottenere uno dei lanci farmaceutici più remunerativi della storia. In una presentazione indirizzata ai vertici aziendali del 2020, citata nel rapporto del congresso, si legge infatti: “La nostra ambizione è quella di fare la storia”, e ancora, di “rendere aduhelm (nome commerciale di Aducanumab, ndr.) uno dei migliori lanci farmaceutici di sempre”.

Per il congresso americano, il prezzo scelto per il farmaco era quindi eccessivo, e non giustificabile né dall’effettivo valore del farmaco, né dagli investimenti effettuati per svilupparlo. Un’analisi commissionata dall’azienda ad esperti esterni nel 2020, d’altronde, presentava tre possibili scenari: con un prezzo superiore ai 40mila dollari l’anno per paziente, l’azienda avrebbe potuto massimizzare le chance di guadagno; per limitare le resistenze dei medici e di chi avrebbe dovuto pagare il farmaco (assicurazioni sanitarie, o chi per loro) bisognava invece tenere il prezzo sotto i 40mila dollari; per massimizzare l’accesso dei pazienti al medicinale, infine, il prezzo doveva essere limitato tra i 15 e i 20mila dollari l’anno.

La decisione, come sappiamo, ricadde alla fine sul prezzo più alto. Che Biogen decise di supportare con una massiccia campagna di comunicazione indirizzata a sopire i malumori dell’opinione pubblica.  Stando ai documenti presentati dal rapporto, i piani erano di investire oltre 3 miliardi di dollari per la vendita e il marketing di Aducanumab tra il 2020 e il 2024 (quasi due volte e mezzo quanto investito nel suo sviluppo).

La strategia, alla fine, si sarebbe rivelata fallimentare. Le vendite di Aducanumab non sono infatti mai decollate, nonostante il prezzo sia stato più che dimezzato già a pochi mesi dal lancio. In Europa l’approvazione non è mai arrivata, e dopo un cambio ai vertici, Biogen ha praticamente smesso di supportare la vendita di Aducanumab anche negli Stati Uniti. Questo non significa, però, che in futuro vicende simili non rischino di capitare nuovamente. Nel rapporto del congresso americano si leggono diverse indicazioni che puntano a evitarlo, come la necessità di migliorare la capacità di documentare le interazioni della Fda con le case farmaceutiche durante la valutazione dei nuovi farmaci, e un invito per le aziende a comunicare tempestivamente ogni dubbio riguardo l’efficacia e la sicurezza dei farmaci all’agenzia, e a considerare maggiormente il reale valore dei loro prodotti (e non unicamente le opportunità di guadagno) quando decidono i prezzi di vendita.

Per vedere se queste indicazioni (e l’attenzione sollevata dal rapporto) sortiranno qualche effetto, probabilmente, non dovremo aspettare molto. Al momento, Biogen ha tra le mani un altro farmaco che promette di rivoluzionare la cura dell’Alzheimer: il Leucanemab, un nuovo anticorpo monoclonale che, come Aducanumab, attacca le placche di proteina betamiloide nel cervello. I risultati dei trial, presentati negli scorsi mesi, sembrerebbero indicare una riduzione della progressione dei sintomi cognitivi nei pazienti: 0,45 punti in meno rispetto al placebo, in una scala che va da 1 a 18. Troppo poco per considerarlo utile (come dice qualche esperto), soprattutto in luce della sua elevata tossicità (sono già 3 le decessi sospette collegate al farmaco)? E quanto può valere un simile medicinale? Le risposte dovrebbero arrivare già nei prossimi mesi: la decisione della Fda è infatti attesa per le prime settimane del 2023, e quella di Ema poco più avanti nel corso dell’anno.



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di Simone Valesini www.wired.it 2023-01-09 06:00:00 ,

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