Armi, l’Europa investe quasi un miliardo in quelle del futuro

Armi, l’Europa investe quasi un miliardo in quelle del futuro

Armi, l’Europa investe quasi un miliardo in quelle del futuro


Ci sono poi  25 milioni di euro per l’analisi automatica delle immagini, con algoritmi dedicati al riconoscimento di nuovi sistemi d’arma, elaborazione distribuita, a bordo della sensoristica, per ridurre il flusso di informazioni, e database condivisi per allenare l’intelligenza artificiale. In assenza di immagini che rappresentino le future minacce, l’Unione accetta il ricorso a “immagini ibride o sintetiche. Altri 25 milioni riguardano tecnologie per rilevare mine antiuomo e altri esplosivi.

A moduli innovativi per sistemi a radiofrequenza, con cui migliorare la trasmissione delle informazioni vanno 20 milioni di fondo, che devono anche sostenere lo sviluppo di una filiera industriale europea e norvegese, svincolando il vecchio continente dall’importazione di componenti strategiche. Altri 20 milioni vanno a tessuti innovativi, capaci di rispondere a stress ambientali (per esempio, un clima più caldo) o essere dotati di sensori per interagire con l’ambiente esterno o con il corpo del soldato, per esempio monitorando costantemente i parametri vitali e lo stato psicologico.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg

Ai blocchi di partenza Diana, l’acceleratore dell’Alleanza, e un Fondo innovazione. Intelligenza artificiale, biotech, computer quantistico, spazio e cyber al centro degli investimenti. Scelti in Italia i centri per testare le nuove tecnologie

L’Unione cerca anche programmi di ricerca per droni, veicoli a guida autonoma e robot chirurgici, specie per prestare soccorso a militari colpiti da attacchi chimici, batteriologici o nucleari, allontanarli dalla linea di fuoco o condurre operazioni da remoto. Sul piatto ci sono 25 milioni di euro.

Per rendere più sostenibili le componenti dei mezzi subacquei il fondo eroga 20 milioni. Nello specifico la richiesta si concentra sulla sostituzione del piombo-zirconato di titanio, usato per sonar e altre tecnologie sottomarine, ma altamente inquinante. Ci sono poi 30 milioni per sistemi di simulazione delle future minacce, 54 milioni per le piccole e medie imprese e 25 per attività sparse.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden

Washington e Bruxelles vogliono coordinare gli sforzi per standard comuni e progetti in ambito tech, dal 6G all’intelligenza artificiale, mettendo all’angolo la Cina. Un accordo che, però, riserva non pochi ostacoli

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha prefigurato già lo scorso anno una strategia europea per la creazione di un mercato europeo della difesa, in grado di contenere i sempre maggiori costi della tecnologia utilizzata per fini di sicurezza e, soprattutto, di ridurre la dipendenza da paesi terzi. A febbraio 2021, dietro richiesta del Consiglio europeo, una commissione guidata dal relatore italiano Maurizio Mensi ha redatto la strategia europea di ricerca e sviluppo in questo campo. 

Lo scopo è quello di rendere sì l’Unione il più possibile indipendente, ma al tempo stesso interoperabile con i paesi della Nato. Dopo il continuo calo di investimenti nel settore della difesa, nel 2007 gli Stati membri hanno approvato un rafforzamento della base industriale e tecnologica. Come si legge nella comunicazione della Commissione all’Europarlamento, la spesa collettiva per l’innovazione nel settore della difesa però – ora all’1,2%, per un totale di 2,5 miliardi di euro – “continua a rimanere indietro rispetto all’obiettivo del 2%” stabilito dalla Nato. 

Stando all’ultima comunicazione inviata dalla commissione a maggio, di importanza decisivo è il finanziamento di tecnologie che possano avere un duplice utilizzo (cosiddette dual use). Secondo il regolamento europeo 821 del 2021, i prodotti a duplice uso sono “i prodotti, incluso il software e le tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile che militare” e per i quali qualsiasi azienda europea intenzionata ad esportarli deve ottenere una specifica autorizzazione da parte delle autorità.

Da un lato l’Unione vuole sorvegliare di più che fine fanno i prodotti dual use. Al tempo stesso, però, la vicepresidente della Commissione, Margrethe Vestager, ha detto che “visto che sempre più tecnologie civili cominciano a prendere piede in contesto militare, la nuova ondata di tecnologie per la sicurezza e la difesa dovrebbe essere sviluppata sin dall’inizio nell’ambito di un quadro di cooperazione dell’Unione”. Il mercato europeo, al contrario, è molto frammentato a livello nazionale e poco competitivo. Proprio quest’anno un osservatorio critico sulle tecnologie dovrà, tra le altre cose, individuare la potenziale applicazione di tecnologie di difesa sia in campo civile che militare e viceversa e analizzare la relativa catena del valore e di approvvigionamento (è prevista entro metà anno un’analisi del mercato). Piccole e medie imprese e startup saranno al centro del piano, sulla scia di quanto sta facendo la stessa Nato con il suo programma Diana, che ha in cassa un miliardo e in agenda un programma per finanziare aziende innovative anche in Europa.



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di Laura Carrer, Luca Zorloni www.wired.it 2022-06-04 05:00:00 ,

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