Emblematico il caso della scuola, dove la Corte pone limiti netti: “non sarebbe quindi giustificabile una differenziazione che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l’intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell’identità nazionale“. La sentenza, inoltre, evidenzia come in alcune materie prevalga la regolamentazione dell’Unione Europea, mentre in altre la Costituzione riservi al Parlamento la competenza legislativa esclusiva.
Il ruolo del Parlamento nelle motivazioni
Nelle motivazioni depositate ieri, la Corte Costituzionale si concentra in particolare sul ruolo del Parlamento e sulla sua eventuale facoltà di definire i servizi essenziali (Lep) che devono essere garantiti in modo uniforme a tutti i cittadini. “È da sottolineare che i Lep implicano una delicata scelta politica”, scrive la Corte, “perché si tratta fondamentalmente di bilanciare uguaglianza dei privati e autonomia regionale, diritti, esigenze finanziarie, e anche i diversi diritti fra loro”.
La Corte nelle motivazioni boccia il meccanismo che avrebbe permesso al governo di decidere da solo, attraverso decreti, quali servizi garantire ai cittadini e con quali standard minimi. Il vizio principale, secondo la Consulta, “sta nella pretesa di dettare contemporaneamente criteri direttivi con riferimento a numerose e variegate materie”. In altre parole, secondo i giudici, non si possono stabilire con un unico provvedimento del governo gli standard minimi per settori così diversi come la sanità, la scuola o i trasporti.
La Consulta evidenzia nelle motivazioni come questa scelta sia necessaria per garantire “uno standard uniforme delle stesse prestazioni in tutto il territorio nazionale”. Solo il Parlamento, secondo la Corte, può decidere quali sono i servizi fondamentali che devono essere garantiti allo stesso modo dalla Valle d’Aosta alla Sicilia. Il governo potrà intervenire solo su singoli settori specifici, e sempre dopoché il Parlamento avrà stabilito regole precise e dettagliate.
Il nodo delle regioni speciali
La sentenza interviene anche sul rapporto con le regioni a statuto speciale. La Corte ha dichiarato incostituzionale l’estensione dell’autonomia differenziata a Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Queste regioni, ricorda la Consulta, hanno già proprie forme di autonomia garantite dalla Costituzione e, se vogliono ottenerne di nuove, devono seguire le procedure previste dai loro statuti speciali.
La Consulta ha respinto però il ricorso della Puglia che chiedeva di annullare l’intera legge sostenendo che la Carta costituzionale impedirebbe di adottare una legge quadro sulla differenziazione. “Il fatto che una norma costituzionale non rinvii a una legge, non impedisce al legislatore statale di dettare norme attuative, naturalmente del rispetto dei limiti costituzionali”, scrive la Corte nelle motivazioni.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-12-04 11:53:00 ,