L’8 febbraio 2022 gli articoli 9 e 22 della Costituzione italiana subiscono due piccole modifiche. Piccole, ma molto significative, perché per la prima volta viene ufficializzato l’impegno dello Stato a tutela dell’ambiente: “La Repubblica – recita l’articolo 9 nella sua nuova formulazione – promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. E l’articolo 22 ribadisce che “l’iniziativa economica privata è libera”, ma anche che “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente”. E il percorso di riconoscimento dell’importanza della tutela di ambiente e biodiversità, cui l’Italia si è allineata lo scorso anno a rimorchio di altri paesi come Spagna, Germania, Norvegia e Francia, prosegue oggi con la nascita del primo centro di ricerca italiano sulla biodiversità, il National Biodiversity Future Center (Nbfc), presentato oggi 22 maggio nella Tenuta presidenziale di Castelporziano in occasione della Giornata mondiale della biodiversità e in seno alle celebrazioni per il centesimo anniversario del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), che del Nfbc sarà coordinatore.
Un progetto ampio
Parlare e tutelare la biodiversità, naturalmente, è assolutamente fondamentale. Specie (ma non solo) “nell’interesse delle future generazioni”, come recita la Carta. E lo è in modo particolare in Italia, che ospita una diversità biologica tra le più significative di tutta Europa, che stando ai dati dell’Ispra comprende 60mila specie animali, 10mila piante vascolari e oltre 130 ecosistemi. Il Nfbc nasce proprio per questo: è stato istituito e finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ed è uno dei cinque centri nazionali dedicati alla ricerca di frontiera; è promosso dal Cnr insieme ad altri 49 partner, tra università, centri di ricerca, fondazioni e imprese, e ha la sua sede centrale a Palermo. Per il progetto, spiegano dal Cnr, è previsto un finanziamento di 320 milioni di euro per tre anni (dal 2023 al 2025) e il coinvolgimento di 2000 ricercatori, la metà di quali sono donne; sono previsti, inoltre, anche bandi rivolti all’esterno del network, per includere anche altri soggetti.
La struttura del centro
“Il National Biodiversity Future Center – ha spiegato Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr – contribuisce a monitorare, preservare e ripristinare gli ecosistemi terrestri, marini e urbani della penisola e del Mediterraneo, aiutando a valorizzare la biodiversità e a renderla un elemento centrale su cui fondare lo sviluppo sostenibile. Un’attività che assume una rilevanza strategica nell’ottica di contribuire a raggiungere i traguardi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda la riduzione della perdita di biodiversità e la conservazione, il ripristino e il corretto utilizzo degli ecosistemi”. Il centro sarà strutturato secondo il modello Hub & Spoke, un sistema di gestione e sviluppo delle reti nel quale le connessioni si realizzano, usando per analogia un’espressione riferita alla ruota della bicicletta, dallo spoke (raggio) verso l’hub (perno centrale) e viceversa. I “raggi” sono otto, e ciascuno di essi è stato presentato oggi: il primo si occupa di azioni di mappatura e monitoraggio per preservare la biodiversità e il funzionamento dei sistemi marini; il secondo di studiare soluzioni per invertire la perdita di biodiversità marina e gestire le risorse marine in modo sostenibile; il terzo di valutare e monitorare la biodiversità terrestre e d’acqua dolce e la sua evoluzione, dalla tassonomia alla genomica alla citizen science; il quarto di studiare le funzioni dell’ecosistema terrestre, i servizi e le soluzioni; il quinto è dedicato allo studio della biodiversità urbana; il sesto alla biodiversità in relazione al benessere urbano; il settimo alla comunicazione, all’educazione, all’impatto sociale e ai musei naturalistici e l’ottavo, infine, all’innovazione e allo sviluppo di tecnologie abilitanti.
Tra reale e virtuale
C’è dell’altro: a valle del Nbfc sarà istituito anche il Biodiversity Science Gateway, una grande infrastruttura virtuale che si appoggerà ad alcune sedi fisiche in Italia e alla nave oceanografica Gaia Blu del Cnr e che avrà il compito di “fare da ponte” tra ricerca, società e imprese tramite l’istituzione di un portale che raccoglierà e renderà disponibili in open access tutti i dati scientifici raccolti dal Nbfc. Tra i compiti del portale, spiegano ancora i suoi ideatori, c’è anche quello di sensibilizzare sul problema della biodiversità a livello planetario, nell’area mediterranea e sul territorio italiano, e raccontare storie emblematiche e specifiche del territorio, offrire consulenze, sfruttare la biodiversità in modo sostenibile e utilizzare concretamente tutto ciò che sarà prodotto dagli spoke del Nbfc nei prossimi tre anni, con l’obiettivo di riuscire ad autofinanziarsi e autosostenersi.
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di Sandro Iannaccone www.wired.it 2023-05-22 14:49:17 ,