La maggiore sensibilità ai temi ambientali delle imprese quotate italiane ha favorito una revisione dei modelli di business, orientando obiettivi e impegni in direzione della transizione climatica ed energetica. Una scelta testimoniata dalla maggiore disponibilità a rendicontare impegni assunti e risultati conseguiti in modo trasparente.
Il quadro d’insieme
Passi in avanti importanti, anche se, nonostante la crescente consapevolezza delle conseguenze del cambiamento climatico, ci sono alcuni fattori che rendono più complicato il percorso intrapreso dalle aziende per contribuire alla mitigazione delle emissioni di gas a effetto serra. Le ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di climate change, la scarsa diffusione di misure di adattamento per la neutralità carbonica e la bassa incidenza del cambiamento climatico nelle politiche di remunerazione sono tutti elementi che remano contro la decarbonizzazione.
Sono alcuni dei risultati che emergono dal report “La disclosure climatica nelle società quotate italiane. Rapporto sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD)”, presentato da Deloitte Italia e predisposto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Pavia.
Rischi sotto controllo
Questa task force è stata costituita per fornire agli investitori informazioni puntuali su come stanno operando le società per contrastare i rischi legati al cambiamento climatico. L’indagine della società di consulenza si basa su documenti pubblici relativi alla disclosure climatica di 236 società quotate, 212 delle quali appartenenti agli indici Ftse Mib, Ftse Italia Mid Cap, Ftse Italia Small e Ftse Italia Star.
Più nel dettaglio, quasi tutte le realtà intervistate (94%) riconoscono nel cambiamento climatico un tema materiale e il 70% integra i rischi e le opportunità legate a questo fenomeno nei propri processi di gestione del rischio. Tuttavia, solo il 29% delle società quotate ha una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico. Inoltre lo studio evidenzia che il 67% delle aziende intervistate adotta processi per migliorare la prestazione della propria catena di fornitura, pur con diversi livelli di maturità. Anche l’azione di sensibilizzazione verso gli stakeholder si sta diffondendo: più della metà (57%) delle società quotate dichiara di svolgere campagne di sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico e della sostenibilità.
Occorre un altro step evolutivo
“Il rapporto mette in luce la necessità di un’ulteriore, significativa evoluzione della governance e degli strumenti necessari a gestire la transizione energetica e climatica”, ha commentato Stefano Pareglio, professore ordinario e independent senior advisor di Deloitte Italia nel presentare i dati della ricerca. “Competenza specialistica degli amministratori, evoluzione dei modelli di business, coerenza nell’allocazione del capitale, qualità e ruolo dell’analisi di scenario, impegno stringente alla carbon neutrality, adozione di misure di adattamento: sono ancora molti gli spazi di miglioramento per le società quotate, non solo nel nostro Paese”.
Poco monitoraggio per le emissioni indirette
Lo studio pone l’attenzione su alcuni aspetti relativi a metriche e target, alla governance e alle analisi di scenario. In particolare, anche se quasi tutte le quotate (93%) rendicontano le emissioni Scope 1 (generate direttamente dall’azienda) e Scope 2 (prodotte dall’energia acquistata e consumata dalla società), solo il 42% rendiconta quelle Scope 3, vale a dire tutte le emissioni indirette legate alla loro catena del valore. Inoltre, solo il 16% dichiara di aver identificato obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra connessi agli Science Based Targets (un’iniziativa che spinge le imprese a ridurre il loro impatto sull’ambiente in base a target definiti dalla comunità scientifica) e di aver assunto un obiettivo di neutralità carbonica; una percentuale che raddoppia, arrivando a 38%, se si considera solo l’indice Ftse Mib.
Per quanto riguarda invece la governance del cambiamento climatico, lo studio segnala che solo nel 18% del campione è presente almeno un consigliere di amministrazione dotato di competenze in materia di sostenibilità in senso lato. Mentre a livello strategico si rileva che il 76% delle quotate non sviluppa analisi di scenario; e se si considerano solo le società che lo fanno, meno della metà (43%) pubblica dettagliate informazioni metodologiche e quantitative.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-10-04 22:25:18 ,
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Il post dal titolo: Cambiamento climatico, cresce la consapevolezza delle imprese scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-10-04 22:25:18 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue