Le Car-T sono realizzate aggiungendo in laboratorio materiale genetico ai linfociti T dei pazienti, in modo che sulla loro superficie producano delle proteine chiamate recettori chimerici dell’antigene, o Car. Questi a loro volta si legano a proteine specifiche sulla superficie delle cellule tumorali, trasformandole in “killer” dei tumori.
I potenziali rischi
Per trasportare e inserire il nuovo materiale genetico gli scienziati utilizzano virus innocui. Ma l’eventualità che questi virus possano accidentalmente scatenare un altro tumore è da tempo considerata un rischio teorico. Nella sua comunicazione, l’Fda ha sottolineato che il ricorso a questa procedura potrebbe aver avuto un ruolo nello sviluppo di tumori secondari da parte dei pazienti.
Il risvolto negativo di questa tecnica è rappresentato dal fatto che i virus tendono a liberare il loro carico genetico in un punto casuale del genoma di una persona. A seconda dell’area del corpo in cui si integra, il virus potrebbe potenzialmente attivare un gene tumorale: “Il timore è che in qualche modo il nuovo materiale genetico inserito nei linfociti T dei pazienti possa provocare il cancro in quella cellula, forse a causa del punto in cui si inserisce all’interno del dna“, commenta Porter.
Proprio a fronte di questo pericolo, attualmente l’Fda prevede che i pazienti che ricevono terapie Car-T vengano monitorati per 15 anni dopo il trattamento. Nella comunicazione di martedì, l’agenzia ha suggerito che “i pazienti e i partecipanti a studi clinici che ricevono un trattamento con questi prodotti dovrebbero essere monitorati per tutta la vita per individuare nuove neoplasie“.
Maksim Mamonkin, professore associato di patologie e immunologia al Baylor College of Medicine che ha partecipato a diversi studi clinici sulle terapie Car-T, afferma di non essere a conoscenza di casi in cui i linfociti T modificati sono diventati cancerosi. Ma sottolinea anche che nessuna terapia è priva di rischi. “Non significa che non sia possibile – spiega –. Non si può escludere che, per puro caso, il gene Car finisca nel posto sbagliato del genoma“.
Un’altra possibile spiegazione è che i precedenti trattamenti antitumorali, tra cui la chemioterapia e la radioterapia, abbiano avuto un ruolo nella formazione dei nuovi tumori nei pazienti. Pur uccidendo le cellule tumorali, queste procedure infatti danneggiano anche il dna delle cellule sane. Così facendo, possono potenzialmente causare mutazioni nelle cellule, che danno poi origine al cancro.
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di Emily Mullin www.wired.it 2023-12-01 05:40:00 ,