La contestata legge sul divieto di vendita e produzione della carne coltivata, approvata dal Parlamento il 16 novembre, ha ricevuto la firmata dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il governo Meloni si è affrettato a inviare il testo a Bruxelles, per ricevere la valutazione della Commissione europea, e al Quirinale, per la firma del presidente Mattarella, poche ore dopo la diffusione della notizia che ciò non fosse ancora stato fatto. L’esecutivo si è quindi impegnato a conformarsi a tutte le eventuali osservazioni che dovessero essere formulate dalla Commissione nell’ambito della procedura di notifica, che potrebbero comportare anche l’annullamento della norma.
Già a ottobre, per paura di una bocciatura da parte della Commissione europea, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, aveva dovuto chiedere la revoca della notifica a Bruxelles di quello che ancora era solo un disegno di legge, prima che arrivasse alla Camera per il voto finale. Se non lo avesse fatto, molto probabilmente, il testo non sarebbe ancora stato approvato dal Parlamento e il governo Meloni non avrebbe potuto esultare come ha fatto lo scorso 16 novembre, quando il disegno di legge ha incassato il via libera del Parlamento.
Ma nonostante i festeggiamenti, la legge sulla carne coltivata non può dirsi salva fino a quando non avrà il via libera dell’Unione europea. Il motivo è che potrebbe violare le norme che regolano il nostro mercato unico e, in base ai trattati di adesione, tutti gli stati membri devono sottostare al parere della Commissione e degli altri paesi su qualsiasi progetto di regolamentazione tecnica che vada a ostacolare la libera circolazione delle merci.
Prima ancora di questo passaggio, la Commissione può fornire dei “pareri circostanziati” e “commenti” sulla norma in esame, a cui gli stati sono obbligati a rispondere e a tenerne conto prima dell’adozione definitiva del provvedimento. Nel caso del divieto sulla carne coltivata, uno stop da parte della Commissione è molto probabile, perché va proprio a ostacolare la libera circolazione delle merci e si configura come un divieto preventivo, andando a interviene su un prodotto che ancora non esiste e non si vende in nessun paese europeo.
Sembra proprio che per tutte queste ragioni, come riporta Repubblica, il governo Meloni abbia ritardato quanto possibile l’invio del testo a Bruxelles per l’esame finale, che potrebbe comportare l’ammissione di una sconfitta su quella che è diventata ormai una legge bandiera del governo e, soprattutto, del ministero dell’Agricoltura e della Coldiretti, prima sostenitrice del progetto.
Leggi tutto su www.wired.it
di Kevin Carboni www.wired.it 2023-12-01 10:36:03 ,