Circleville, Ohio – Nel 2019, Natural Resources Defence Council (Nrdc), un’organizzazione non governativa basata a New York, pubblica un rapporto che riguarda un momento piuttosto privato delle nostre abitudini quotidiane: il consumo di carta per l’igiene personale, dai fazzoletti ai rotoli da cucina a quelli di carta igienica. Il rapporto si intitola The issue with tissue (tissue è il nome inglese del comparto merceologico). Sostanzialmente, questa la tesi, la produzione di carta per l’igiene personale destinata al mercato statunitense causerebbe l’abbattimento di larghe porzioni di foresta boreale in Canada: perché alla base del processo, dopotutto, ci sono sempre gli alberi.
Se i costi ambientali di automotive e oil&gas sono noti e studiati, poco si sa di molti altri settori. Il report di Nrdc ha il merito di aprire uno squarcio su un ambito raramente considerato, ma dall’impatto significativo. Dalle conseguenze del taglio delle foreste alle emissioni per il trasporto del legname, dalla quantità enorme di acqua richiesta per le lavorazioni al consumo di gas per l’asciugatura, fino all’impatto dei milioni di chilometri percorsi per la distribuzione.
Non è sorprendente, a pensarci bene. La modernità, il benessere, hanno sempre avuto ricadute ambientali. Si narra che in Unione Sovietica la tiratura della Pravda fosse altissima, nonostante si trattasse di un foglio notoriamente schierato, perché il quotidiano costava meno della carta igienica. Anche in Italia, raccontano gli anziani, fino all’inizio degli anni Settanta, si usavano i giornali per le necessità personali. Poi arrivarono i primi rotoli, dalla grana grezza e di colore scuro: nel giro di qualche anno, il pubblico divenne più esigente e si abituò al bianco, che significa additivi, cioè inquinamento. Qualità e morbidezza hanno un costo, ma pochi vi rinuncerebbero.
Nonostante questo, il nuovo afflato per la sostenibilità e rapporti come quello di Nrdc hanno indotto una parte dell’industria a correre ai ripari, cercando di ridurre l’impatto ambientale e spingendo i produttori a trovare alternative. La ong lo ammette: qualcosa si sta muovendo. Non per tutti, certo. Ma sono sempre più le aziende che hanno intrapreso la strada di una maggior consapevolezza ambientale.
Tra queste Sofidel, multinazionale italiana basata a Lucca e presente in tredici paesi, tra cui gli Stati Uniti, e che proprio in America ha impiantato uno degli stabilimenti più moderni al mondo nel settore. Un tentativo di porsi all’avanguardia per tecnologia e riduzione dell’impatto ambientale, risultato di un investimento da quattrocento milioni di euro.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2022-11-01 06:00:00 ,