Sembrerebbe che tutto sia successo nel giro di una manciata di anni, gli ultimi segnati dalla pandemia, eppure, come abbiamo più volte ricordato, la tecnologia dei immunizzazioni a mRna era in studio da decenni. E dopo aver mostrato di funzionare contro le infezioni, come quella del coronavirus, tenta ora di affermarsi nel campo dell’oncologia. Nei giorni scorsi infatti, si è parlato tanto di immunizzazioni a mRna contro il cancro, prima con gli annunci da parte dell’industria sull’arrivo nel giro di pochissimi anni di terapie a base di questa tecnologia contro i tumori (e non solo), poi con l’annuncio di alcuni risultati nel campo. Si tratta di quelli che riguardano il melanoma, una forma di tumore della pelle particolarmente aggressiva, per cui i immunizzazioni a mRna sarebbero in grado (in combinazione con altri farmaci) di ridurre il rischio di recidiva in maniera sensibile.
Quando si è cominciato a parlare dei immunizzazioni a mRna contro il coronavirus abbiamo cercato di spiegare come funzionasse questo nuovo modo di produrre i immunizzazioni. E se è vero che la piattaforma rimane pressoché la stessa nel caso dei immunizzazioni a mRna contro il cancro esistono alcune differenze importanti.
Come i colpiscono il tumore
I immunizzazioni a mRna utilizzano le informazioni scritte nella molecola di Rna messaggero impacchettata alll’interno di particelle lipidiche per produrre nell’ospite la proteina corrispondente che funzionerà da stimolo per il sistema immunitario. Se tutto procede a dovere, infatti, l’mRna viene tradotto in proteina (l’antigene), contro cui si dirige la risposta del sistema immunitario. Contro Covid-19 tutti abbiamo ricevuto sostanzialmente lo stesso vaccino – con piccole differenze tra i vari immunizzazioni a mRna delle diverse aziende e le versioni aggiornate contro le varianti – nel caso invece dei immunizzazioni anticancro si parla di immunizzazioni personalizzati. “Mentre per il Covid ci siamo immunizzati tutti contro la proteina spike del coronavirus per prevenire l’infezione e la malattia, nel caso dei tumori si selezionano i neoantigeni, ovvero proteine mutate prodotte dai tumori che il sistema immunitario dovrebbe riconoscere come estranee. Ogni tumore ne ha tantissimi”, racconta a Wired Italia Paolo Ascierto, direttore dell’Oncologia clinica sperimentale Melanoma Immunoterapia e Terapie Innovative dell’Istituto nazionale tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli. Sono alcuni di questi neoantigeni quelli che finiscono nei immunizzazioni a mRna.
Il caso del melanoma, è quello dove la ricerca è più avanti. I dati presentati la scorsa
settimana al congresso dell’American Association for Cancer Research, già anticipati a dicembre, riguardano un vaccino per cui sono stati utilizzati fino a 34 i neonatigeni per evocare una risposta immunitaria contro il tumore, ricorda Ascierto. Come sono stati trovati? Eseguendo un confronto tra le caratteristiche delle cellule tumorali e quelle sane per identificare le firme molecolari caratteristiche del tumore di quel paziente.
I immunizzazioni terapeutici: li utilizzeremo mai da soli?
“La differenza di questi immunizzazioni anticancro rispetto a quelli usati contro virus e batteri è che si tratta, come si deduce, di immunizzazioni terapeutici, usati non a scopo preventivo per scongiurare il rischio di tumore, ma sviluppati per evocare una risposta immunitaria in grado di uccidere le cellule cancerose”, puntualizza Ascierto. Quella stessa risposta che spesso i tumori riescono a evadere. Negli anni medici e ricercatori hanno messo a punto terapie per potenziare e risvegliare il sistema immunitario contro il tumore. Come gli inibitori dei checkpoint immunitari (cui è andato il Nobel nel 2018) che mirano a togliere i freni al sistema immunitario. Uno di questi è il pembrolizumab, un anticorpo monoclonale. “Il vaccino a mRna utilizzato contro il melanoma è stato utilizzato insieme a questo anticorpo – riprende Ascierto – gli inibitori dei checkpoint immunitari, pembrolizumab e nivolumab, sono infatti lo standard di cura nel melanoma. Utilizzarli insieme al vaccino ci aiuta ad attivare il sistema immunitario, mentre la presenza dei neoantigeni nel vaccino a montare una risposta mirata nei loro confronti e dunque nei confronti del tumore”.
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di Anna Lisa Bonfranceschi www.wired.it 2023-04-23 05:00:00 ,