A inizio luglio a Kingston, in Giamaica, è iniziata la resa dei conti tra la Cina e una coalizione di nazioni insulari ed europee riguardo all’estrazione di minerali dai fondali marini. “Questo è un momento fondamentale“, ha dichiarato Emma Wilson, responsabile delle politiche della Deep Sea Conservation Coalition, un gruppo ambientalista. Un divieto di due anni su questa pratica è infatti scaduto di recente e i paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo su nuove regole. Gli scienziati temono che una possibile “corsa all’oro” per i metalli preziosi sui fondali possa avere conseguenze devastanti per la vita marina.
Le controversie sono iniziate nel 2021, quando la minuscola isola del Pacifico di Nauru ha presentato una richiesta formale all’Autorità internazionale dei fondali marini (Isa), l’organismo delle Nazioni Unite che supervisiona l’attività estrattiva nelle acque internazionali, per ottenere una licenza commerciale e iniziare l’attività di estrazione. Ciò ha fatto scattare una clausola che ha imposto all’Isa un conto alla rovescia di due anni per prendere in considerazione la richiesta. Da allora i paesi si sono incontrati regolarmente per cercare di finalizzare le regole sul monitoraggio ambientale e la condivisione delle royalties, ma senza successo.
A Kingston ora sono iniziate tre settimane di negoziati: la Cina detiene il maggior numero di licenze di esplorazione Isa ed è intenzionata a estendere il suo attuale dominio della catena di approvvigionamento di minerali critici. Per ora, solo Canada, Francia, Germania e circa una dozzina di altri Paesi sono favorevoli a un blocco temporaneo o permanente, che richiederebbe un voto di maggioranza da parte dei 167 membri dell’Isa. Gli Stati Uniti, che non fanno parte dell’organismo, non hanno preso una posizione pubblica. A meno che altre decine di paesi non si impegnino per una moratoria, la richiesta sponsorizzata da Nauru potrebbe essere approvata, dando il via a una corsa all’oro sottomarina.
Estrazione di mare, estrazione di terra
Sembra probabile che l’attività estrattiva in acque profonde possa iniziare seriamente entro i prossimi anni. Il dibattito su questa industria emergente va al cuore di un dilemma centrale della transizione energetica: la produzione dei minerali necessari per costruire batterie per auto elettriche e altre tecnologie pulite può comportare rischi per l’ambiente.
Da un lato, puntare sull’alto mare potrebbe ridurre la necessità di estrazioni a terra, ancora più dannose; il boom della produzione di nichel in Indonesia, per esempio, sta emergendo come una grave minaccia per le foreste pluviali. Ma non è chiaro se queste due forme di estrazione si escludano a vicenda, dato il vorace appetito dell’economia globale per le risorse minerarie. Quindi il risultato finale potrebbe essere un aumento dell’attività estrattiva su entrambi i fronti.
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di Francesco Del Vecchio www.wired.it 2023-08-15 04:30:00 ,