La terza è il ruolo dell’Unione europea, che con il vicepresidente della Commissione europea al Green deal, Frans Timmermans, ha rotto lo stallo venerdì. Prendere o lasciare, ha detto, riferendosi al fondo di risarcimento per danni e perdite. Da quel momento, è cominciato il domino che ha portato alla conclusione.
Ma è stata anche una Cop27 di lobbysti: è stata quella delle fonti fossili la delegazione più grande arrivata nel Sud Sinai. Capi di stato e di governo sono atterrati in Egitto per trovare un’alternativa al gas russo. In molti casi hanno avuto successo, stringendo accordi da centinaia di milioni per assicurarsi i giacimenti africani. Con buona pace del clima. Infine, è stata la Cop dei diritti umani mancati. Attivisti monitorati, minacciati; un’app progettata per spiare; la sensazione costante di non potersi esprimere.
Loss and damage
Come detto, il fondo per perdite e danni si farà , ma sono rimandate le discussioni su chi paga e chi riceve. Si parla di assistere i Paesi in via di sviluppo “più vulnerabili agli affetti avversi del cambiamento climatico”. Si è deciso di stabilire un “transitional committee“, una commissione da insegiare entro la prossima Cop per decidere criteri e modalità. Attenzione: se la necessità del fondo è innegabile, la priorità di chi mette i soldi è quella di assicurarsi che i denari arrivino a destinazione e non finiscano alle elite, spesso corrotte, dei paesi in via di sviluppo. Mancano, al momento, meccanismi di verifica, che peraltro non sono graditi ai governi locali. Questo tema, al di là delle narrazioni buoniste, sarà fondamentale nei prossimi anni: perché giustificare alle opinioni pubbliche nazionali l’invio di denaro potrebbe non essere facile.
Fonti fossili
Siamo sostanzialmente fermi al testo di Glasgow. Probabilmente non era l’anno (e il luogo) giusto per innalzare l’ambizione, con molti governi venuti in Egitto per trovare alternative al gas russo. Tanti gli accordi siglati in questo senso, soprattutto nella prima settimana. I riflessi si vedono nel testo finale, dove si parla di accelerare la transizione verso sistemi energetici “a basse emissioni” (e questo include il gas). L’impegno è a ridurre il carbone “non abbattuto (unhabated) e ad abbandonare (phase out) sussidi inefficienti alle fonti fossili”.
Finanza climatica
“La discussione al riguardo è stata estremamente povera – afferma Chiara Martinelli, direttrice del ramo europeo di Climate Action Network , la principale rete di organizzazioni della società civile -. Poche le rassicurazioni sull’aumento della finanza climatica”. La nota positiva di questa conferenza è il richiamo alle banche multilaterali a modificare i propri modelli di business: si è parlato di nuovi strumenti, ma anche di tassi di interesse, che per i paesi in via di sviluppo sono molto più alti. Si riconosce che servono 4mila miliardi l’anno in rinnovabili da oggi al 2030, ma che una trasformazione globale dell’economia verso un sistema a basse emissioni ne richiede ulteriori 4-6, sempre ogni anno. Intanto, si riconosce con preoccupazione che i Paesi hanno ancora una volta fallito nel raggiungere l’obiettivo dei 100 miliardi di dollari in finanza climatica, traguardo in origine fissato per il 2020. La strada è lunga.
Early warning
Attenzione anche ai sistemi di early warning, che consentono ai paesi di reagire rapidamente agli eventi estremi: un terzo del mondo, si legge, incluso il 60% dell’Africa, non ha accesso a questo tipo di tecnologie e informazioni.
Adattamento
Pochi i passi in avanti. Si nota la discrepanza tra le conoscenze scientifiche e lo stato di adattamento dei Paesi, e non ci si spinge molto più in là. Ma una Cop che ha chiarito come il cambiamento climatico sia una realtà indiscutibile, lascia sperare che la discussione sia aperta. E che la contrapposizione con la mitigazione sia un retaggio del passato.
Le reazioni
Deluso Timmermans: “Ancora oggi troppi paesi non sono pronti a fare progressi nella lotta contro la crisi climatica. Ci sono stati troppi tentativi di tornare indietro risptto a quello che avevamo concordato a Glasgow. L’accordo [sul taglio delle emissioni, ndr] non è abbastanza”. In realtà, il politico può essere soddisfatto: ha giocato un ruolo decisivo, e fra qualche giorno, a luci spente e con qualche ora di sonno, sarà molto più chiaro.
Climate Action Network definisce l’accordo “positivo”. Con qualche distinguo. “Questa Cop particolarmente sfidante aggiunge un pezzo di speranza, specialmente per i più vulnerabili, con l’accordo sul fondo loss and damage – dice Martinelli -. Ma ci sono stati troppo pochi passi avanti sulla lunga lista di cose da fare per affrontare la più granede sfida dei nostri tempi, il cambiamento climatico. L’Europa deve continuare ad aumentare l’ambizione sulla riduzione delle emissioni“. “Cop27 si chiede con un risultato importante per la fiducia e la solidarietà internazionale, ma insufficiente ad affrontare in modo adeguato la causa primaria del cambiamento climatico – afferma Luca Bergamaschi, direttore del think tank Ecco, che si occupa di clima -. Le alternative alle fonti fossili sono già ampiamente disponibili, ma mancano la volontà e la priorità politica per una loro applicazione”. Un ruolo “di primo piano” è stato giocato da Bruxelles, il segnale che “l’Europa fa sul serio” aggiunge Annalisa Perteghella, di Ecco.
Leggi tutto su www.wired.it
di Antonio Piemontese www.wired.it 2022-11-20 09:36:09 ,