Clima, quanto deve pagare chi inquina per la crisi
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Attivisti, scienziati, politici ed esperti di finanza internazionale si interrogano da anni sull’eventualità di ristabilire una giustizia sul clima imponendo ai principali responsabili dell’inquinamento di pagare per i danni arrecati e tentare di invertire la rotta prima che si arrivi al punto di non ritorno. Tredici anni fa, durante la sedicesima conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici di Cancún, in Messico, per la prima volta il mondo riconobbe la responsabilità morale dei Paesi più ricchi e industrializzati di sostenere la maggior parte dei costi della mitigazione del clima sulla Terra, compresi i costi della transizione dei Paesi in via di sviluppo e di quelli meno sviluppati, questi ultimi tra i più colpiti dalle conseguenze del cambiamento climatico pur avendo contribuito in minima parte a causarlo.

In quella sede fu istituito il Fondo verde per il clima, al quale Paesi come Stati Uniti, Giappone, Regno Unito, Francia, Germania e Svezia accettarono di contribuire con l’obiettivo di mobilitare insieme 100 miliardi di dollari l’anno tra la firma dell’accordo e il 2020. Non è andata così. I finanziamenti non sono mai stati regolari, basti pensare a quanto accaduto con l’elezione alla presidenza statunitense di Donald Trump, che ne ha sancito l’uscita dagli Accordi di Parigi bloccando i versamenti diretti al fondo.

Una questione di giustizia sul clima

Al di là delle decisioni politiche, però, il problema è che per incidere davvero sul cambiamento climatico e restituire giustizia ambientale a tutti i Paesi, quelli più sviluppati sarebbero tenuti a pagare 192mila miliardi di dollari in risarcimenti entro il 2050. Una somma calcolata da due scienziati – Jason Hickel dell’Istituto di scienze e tecnologie ambientali dell’Università autonoma di Barcellona e Andrew L.Fanning della School of Earth and Environment dell’Università di Leeds – e discussa in uno studio pubblicato sulla rivista Nature. In un quadro generale di riduzione delle emissioni che vale per tutti i Paesi, le economie di quelli meno ricchi risentono molto di più della transizione ecologica. Ma immaginando l’atmosfera come bene comune finora non ripartito in modo equo, i Paesi in via di sviluppo – storicamente poco inquinanti – sono chiamati ad abbandonare i combustibili fossili nonostante non abbiano ancora utilizzato la loro “quota” del bilancio globale di carbonio.

Lo studio ha rilevato che 55 nazioni, tra cui la maggior parte dell’Africa subsahariana e l’India, dovrebbero sacrificare oltre il 75% delle emissioni loro “concesse”, mentre il Regno Unito, per esempio, ha emesso due volte e mezzo in più quanto avrebbe potuto se la ripartizione fosse avvenuta in parti uguali. Un eccesso che gli costerebbe 7.700 miliardi di dollari entro il 2050. “È una questione di giustizia climatica: se chiediamo alle nazioni di decarbonizzare rapidamente le loro economie, anche se non hanno alcuna responsabilità per le emissioni in eccesso che stanno destabilizzando il clima, allora dovrebbero essere risarcite per questo onere ingiusto, ha affermato Fanning, autore principale dello studio. Cinque Paesi densamente popolati – come India, Indonesia, Pakistan, Nigeria e Cina (attualmente il più grande emettitore del mondo) – avrebbero diritto a ricevere 102mila miliardi di dollari per sacrificare la loro quota di bilancio del carbonio nello scenario a zero emissioni auspicato.

Il ruolo delle colossi aziendali

Nell’attesa che rilevazioni simili si trasformino in accordi internazionali, e nella speranza che questi ultimi vengano mantenuti davvero, c’è anche chi pensa di colpire direttamente le principali aziende produttrici di combustibili fossili del pianeta, in un’ottica di “ripartizione delle responsabilità”. Una sanzione immediata a scopo risarcitorio avrebbe effetti più rapidi, e troverebbe legittimità nell’analisi pubblicata su One Earth da Marco Grasso, professore di geografia politica all’Università di Milano-Bicocca, e da Richard Heede del Center for Climate Accountability.



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di Massimiliano Cassano www.wired.it 2023-07-13 05:00:00 ,

Previous grazie a tutti dal primo post

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