Due unfinished business tornano a galla e ad agitare le acque intorno all’ex premier Giuseppe Conte, che si difende e contrattacca. «Non ho mai personalmente incontrato l’allora Attorney General degli Stati Uniti, Bill Barr, nel corso delle sue visite in Italia, né nel corso d’incontri formali né nel corso d’incontri conviviali. Il fatto che dopo la riunione ufficiale del 15 agosto 2019 avvenuta nella sede della nostra intelligence, a Roma in piazza Dante, si sia tenuta una cena la sera stessa tra la delegazione americana e l’allora Direttore del Dis Vecchione è circostanza di cui non ero specificamente a conoscenza, ma immagino sia stata motivata da cortesia istituzionale». Risponde così l’ex premier e attuale presidente del M5s allo scoop di Andrea Bonini pubblicato oggi su Repubblica, relativo al Russiagate, l’inchiesta sulle presunte ingerenze della Russia nelle Elezioni Presidenziali del 2016, vinte da Donald Trump contro Hillary Clinton. Secondo Trump a interferire sulle elezioni statunitensi ci sarebbe anche stato lo zampino dell’Fbi, ma anche dell’Italia, che all’epoca aveva come premier Matteo Renzi. I documenti pubblicati oggi dal quotidiano «evidenziano alcune significative omissioni della ricostruzione di quella vicenda proposta dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte».
Dalle carte emergerebbe che dopo l’incontro tra Vecchione e Barr al Dis, il 15 agosto del 2019, l’allora premier Conte si sarebbe unito con loro a cena in un ristorante nel centro di Roma. Un dettaglio mai menzionato da Conte davanti al Comitato di sicurezza parlamentare. Ma a generare ulteriori sospetti sui presunti rapporti tra Conte e Trump viene inserito anche l’inatteso endorsement a Conte che Trump pubblicò su Twitter, durante la crisi del governo gialloverde: «Giuseppi, un uomo di grande talento che speriamo resti primo ministro», e che oggi viene definita dall’ex premier «illazione in malafede, visto che la richiesta di Barr risale al giugno 2019 e la crisi del governo all’8 agosto 2019».
Renzi: «Conte faccia chiarezza». Il leader M5s: «Già riferito tutto, perché non lo fa anche lui?»
Ma la questione si è presto trasformata in scontro politico tra due ex premier. Quest’oggi infatti, riprendendo i passaggi dei documenti pubblicati su Repubblica, Matteo Renzi ha osservato: «Ci sono dei buchi neri nella ricostruzione di Conte sulla strana vicenda dell’agosto-settembre 2019, quando gli esponenti dell’amministrazione americana vennero in Italia alla ricerca di un presunto complotto, da me ordito contro il presidente Trump. Considero una follia questa ipotesi e ancora più folle mi pare chi gli ha dato credito. Ho chiesto chiarezza all’intelligence italiana».
E Conte, nel lungo post pubblicato, ha voluto rispondere anche alle accuse del leader di Italia viva: «Puntualmente Renzi e alcuni suoi solerti compagni di partito si sono immediatamente avventati sul “clamoroso scoop” per rilanciare quei medesimi sospetti che, a suo tempo, furono invocati per giustificare il ritiro del sostegno al Governo Conte II. […] Mi chiedo: è possibile che il senatore Renzi non abbia mai sentito il dovere, in tutto questo tempo, di andare a riferire al Copasir su questi suoi sospetti? Perché non va, come sempre ho fatto io, a riferire quel che sa? Cosa teme, di dover poi rispondere alle domande dei componenti del Copasir e di essere obbligato, per legge, a riferire tutta la verità?».
Le ombre sulla “missione umanitaria” russa anti-Covid in Italia, costata oltre 3 milioni di euro
Ma non solo. Facendo un balzo in avanti nel tempo, dopo il passaggio dal governo gialloverde a quello giallorosso, ambedue guidati da Giuseppe Conte, passando alla primavera 2020 e all’esplosione della pandemia di Coronavirus emerge un altro scoop, pubblicato da Fiorella Sarzanini sul Corriere della Sera. Sul quotidiano è stata pubblicata una serie di mail inviate tra la fine di marzo 2020 dalla Farnesina all’ambasciata di Mosca in Italia, al fine di pianificare voli per portare in Italia mascherine e respiratori, così come l’invio di «mezzi speciali per la disinfestazione di strutture e centri abitati nelle località infette» e l’organizzazione della missione di 130 esperti russi destinati alla missione d’aiuto anti-Covid in Italia.
Ma dalle mail e dai documenti raccolti dal Copasir, emerge inoltre che la «missione umanitaria» russa, sarebbe stata pagata dai contribuenti italiani, come richiesto dai diplomatici russi alla Farnesina: «Ci auguriamo che le questioni di vitto alloggio e supporto alla vita dei medici russi siano risolte dalla parte italiana, come pure la messa a disposizione di materiali consumabili necessari». L’importo totale della “missione umanitaria” di Mosca in Italia, secondo i calcoli, sarebbe costata oltre 3 milioni di euro. Una missione dai tratti un po’ più oscuri rispetto a quanto dichiarato da Conte all’epoca, e su cui ora, con tutte le probabilità, dovrà fare luce.
Leggi anche:
Source link
Scritto da Maria Pia Mazza perwww.open.online il 2022-04-19 19:52:03 ,