La novità più importante proposta, però, è che i siti, giornali e social dovranno offrire, oltre alla versione a pagamento e a quella con la profilazione pubblicitaria attiva, anche una terza via che preveda una pubblicità meno invasiva. Per la Commissione, infatti, visti i tanti siti internet che l’utente medio visita, chiedergli di pagare per ogni sito non può essere considerata una valida alternativa alla profilazione attraverso i cookie.
Su questi punti è intervenuto il comitato dei garanti europei della privacy (Edpb) che, in una lettera indirizzata alla Commissione, ha proposto di indicare come alternativa l’uso della pubblicità contestuale. Il contextual advertising è una forma pubblicitaria legata al contesto in cui è fruita. Per esempio, consiste nel mostrare annunci di articoli sportivi a chi legge contenuti sullo sport. Si tratta di un livello intermedio tra la pubblicità mirata (tipica dei social media) e quella generalista (tipica della Tv o dei quotidiani). Per fare un paragone con i media classici, si può associare alla pubblicità che si trova sui magazine di moda o arredamento, che punta a un pubblico definito, ma senza averne i dati. Online viene usata anche dai motori di ricerca che forniscono pubblicità relativa all’oggetto delle ricerche dell’utente. La differenza è che questo sistema non profila in modo invasivo l’utente come succede con la pubblicità mirata.
Più chiarezza e meno sforzi nella gestione dei cookie
La Commissione contesta la modalità di dare all’utente la possibilità di deselezionare ogni singolo cookie, ritenendo che si tratti di una finta trasparenza che, al contrario, spinge l’utente a cliccare sempre i pulsanti “accetta tutto” o “rifiuta tutto”. Questo dovrebbe essere possibile solo nel secondo livello di informazioni, per coloro che sono davvero interessati ad un tale grado di approfondimento.
Per evitare la cookie fatigue, inoltre, non si potrà riproporre uno stesso banner più di una volta l’anno (come già richiesto dal Digital markets act) e sarà lecito usare applicazioni terze che permettano di dare istruzioni sulle proprie preferenze di trattamento dei dati (browser inclusi).
Questo intervento è ancora più necessario considerando che il regolamento e-Privacy dell’Ue, originariamente previsto per aggiornare le normative sui cookie, probabilmente non sarà mai approvato, data l’incapacità di raggiungere un accordo a causa di molteplici interessi in gioco. Anche se questa nuova proposta, basata su un approccio volontario, sembra essere una misura tampone piuttosto che una soluzione definitiva. Intanto il risultato è che ogni stato membro dell’Ue va per conto suo, così come ogni Autorità garante della privacy ha le sue linee guida, che, seppur simili, non sono uguali nei 27 paesi. E questo contribuisce alla frammentazione e a creare confusione negli utenti e nelle aziende.
I prossimi passi del progetto della Commissione prevedono un continuo confronto con le aziende, tenendo in considerazione i suggerimenti dei garanti della privacy in vista della prossima versione di gennaio e della presentazione del testo finale al Consumer summit di aprile 2024.
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di Vincenzo Tiani www.wired.it 2024-01-10 06:00:00 ,