Il Wired Next Fest 2023 di Milano si è aperto con Cory Doctorow. Dal palco del Cortile delle armi del Castello Sforzesco l’autore, attivista e giornalista canadese ha dato il via alla decima edizione del più importante festival italiano a partecipazione gratuita dedicato all’innovazione. Al centro dell’intervento del giornalista le piattaforme digitali e come nel corso del tempo queste si siano progressivamente trasformate da spazio per mettere in connessione persone diverse a steccati virtuali dove intrappolare gli utenti, un processo che Doctorow definisce enshittification, letteralmente immerdificazione.
“Ora che sono vecchio posso dire ufficialmente che le cose erano meglio quando ero giovane – ha esordito Doctorow –. Viviamo in un periodo di grande enshittification, in cui le piattaforme sono diventate le modalità dominanti per fare business su internet”.
Un presente difficile
“Ricordate quando agli inizi del web dicevamo che un giorno avremmo raggiunto la disintermediazione tra pubblico e performer, tra le comunità e i loro membri, tra venditori e acquirenti – ha proseguito –? L’abbiamo fatto, ma poi abbiamo reintrodotto l’intermediazione nelle relazioni con le piattaforme, questi mercati a due facce, che hanno clienti da un lato e utenti dall’altro: Uber ha autisti e passeggeri, Amazon acquirenti e venditori, Facebook inserzionisti ed editori […]”
“Queste piattaforme sono peggiorate sensibilmente negli ultimi anni, diventano peggiori ogni giorno che passa. Il termine enshittification descrive il processo molto specifico attraverso il quale succede, che è composto da tre fasi”. La prima parte di questo processo – spiega Doctorow – consiste nell’aumentare gli utenti di una piattaforma promettendo loro un valore aggiuntivo, un surplus. A un certo punto però le promesse vengono puntualmente disattese e l’attenzione dei social media si focalizza sui clienti business, per esempio gli inserzionisti, nel caso di Facebook. Nella fase finale anche le promesse verso le aziende vengono tradite, e il surplus viene diretto verso gli azionisti delle aziende di social media.
“Siamo tentati di pensare che le piattaforme ci danneggino per favorire i clienti aziendali – ha sottolineato Doctorow –. Ma il loro obiettivo è danneggiare sia noi che loro per favorire se stesse, senza vincoli di concorrenza o regolamentazione”
L’equilibrio fragile
Basta uno scandalo o la rivelazione di un whistleblower per spingere gli utenti ad abbandonare una determinata piattaforma. A quel punto per le arriva la svolta – il “pivot” – come nel caso del tentativo da parte di Facebook di riposizionarsi nel settore del metaverso.
Secondo Doctorow, l’approccio giusto per contrastare questa tendenza è “lasciare che le piattaforme falliscano, aiutare gli utenti di scappare e concentrarsi sulla regolamentazione“, mettendo i discussione le fusioni “disoneste” dei giganti tech, e scorporandoli quando gli impegni presi con le autorità di regolamentazione non vengono mantenuti. “La prima cosa da fare è limitare come le piattaforme usano il loro potere digitale, applicando leggi per la tutela dei consumatori, leggi sulla privacy e sul lavoro – ha commentato l’autore – e poi dobbiamo riprenderci il potere che avevamo una volta”.
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di Pietro Deragni www.wired.it 2023-10-07 14:38:03 ,