Quale miglior interlocutore per mettere in comune le emissioni di anidride carbonica e rispondere così alle direttive dell’Unione europea per il 2025 se non Tesla. Lo hanno pensato Stellantis, Toyota, Ford, Mazda e Subaru e ne hanno ben donde, considerato che la casa automobilistica texana ha dimostrato negli ultimi tempi di pretendere molto proprio sui carbon credits. Lo si apprende da un prova dell’Unione europea depositato il 7 dicembre, come riporta il quotidiano economico Il Sole 24 Ore. Anche Volvo, Polestar e Smart sono al lavoro per mettere in comune le proprie emissioni con Mercedes. La fonte è lo stesso prova.
Tutti i crediti di Tesla
Nel dettaglio, nel terzo trimestre del 2024 Tesla ha infatti accumulato creditidi carbonio per 739 milioni di dollari. Erano stati 890 nel secondo trimestre dell’anno, 442 nel primo, 433 tra ottobre e dicembre 2023 e 554 nei tre mesi prima. Per la società di Elon Musk, tali numeri certificano come sul punto i competitor “siano ancora indietro”.
Con l’inizio del nuovo anno, in base alle strategie messe in campo dall’Ue per raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni entro il 2035, è entrato in vigore il nuovo limite di 93,6 grammi per chilometro di anidride carbonica, che sarà valido fino al 2029. Si tratta di fatto di un massimale minore di oltre 20 grammi rispetto a quello imposto tra il 2020 e il 2024 (115,1). Una quota che sarà applicata per tutte le vetture di nuova immatricolazione.
Il rischio, per le case automobilistiche che non dovessero rispettare le normative, è quello di incorrere in multe salatissime, dal peso di miliardi di euro. In questo senso, l’organizzazione in pool rappresenta la soluzione perfetta per raggiungere gli obiettivi stabiliti dalle autorità comunitarie, “ottimizzando – ha spiegato al Sole 24 Ore un portavoce di Stellantis – le nostre risorse. Allo stesso tempo, continuiamo a concentrarci sullo sviluppo di tecnologie innovative elettriche e a basse emissioni che sono al centro della nostra strategia”.
I vantaggi di operare in pool
Di fatto, operare sul mercato dei crediti di carbonio e mettere in piedi sinergie con i competitor consente alle case automobilistiche generalmente definite tradizionali di gestire i tempi della propria transizione verso l’elettrico. Da un lato rappresenta dunque una sorta di paracadute al tempo stesso costoso e fruttifero, dall’altro un possibile ostacolo nell’immediato allo sviluppo e alla studio di nuove tecnologie.
Si pensi per esempio a Stellantis: la casa automobilistica nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e Psa è chiamata ad aumentare la quota dei veicoli elettrici venduti in Europa dal 12 al 21%, pena sanzioni che potrebbero attestarsi fino a quota 300 milioni di euro. Mettere in comune le proprie emissioni con altre società renderebbe dunque meno pressante una soluzione definitiva a quella che rappresenta la più classica delle gatte da pelare.
Già nel 2020 Credit Suisse aveva provato a stimare la somma raccolta con questo meccanismo da Tesla, valutandone l’impatto per una quota pari a 1,4 miliardi di dollari. Cifre importanti, la cui crescita potrebbe significare molto per la casa automobilistica texana, in un momento storico nel quale essa ha per la prima volta nella propria ultraventennale storia accusato un calo delle vendite annuali, conseguenza del non riuscito successo degli incentivi messi in campo a fine anno relativamente ai modelli della vecchia gamma e al nuovo pickup Cybertruck.
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di Alessandro Patella www.wired.it 2025-01-08 17:29:00 ,