Crowdfunding, sulle regole europee l’Italia arriva in ritardo

Crowdfunding, sulle regole europee l’Italia arriva in ritardo

Crowdfunding, sulle regole europee l’Italia arriva in ritardo


di Luca Francescangeli

L’Italia è in ritardo nell’applicazione del regolamento europeo sul crowdfunding e le piattaforme italiane rischiano di dover cessare la loro attività. Lo scorso 10 novembre è entrato in vigore il regolamento 1503 del 2020, che detta le nuove regole per i fornitori europei di servizi di crowdfunding (Escp), cioè le piattaforme di crowdfunding, sia in equity, sia in lending. Attualmente siamo nel periodo transitorio, che permette di mantenere gli status quo nazionali, dando agli Stati il tempo di adeguarsi alle nuove regole. Questo periodo transitorio, però, scadrà a novembre 2022.

Trattandosi di un regolamento europeo non occorre l’adozione del Parlamento italiano perché abbia effetto, comunque l’Italia (come tutti gli altri partner europei) ha una notevole responsabilità: designare un’autorità nazionale, che possa concedere le autorizzazioni europee alle piattaforme italiane, sia vecchie che nuove.

La situazione in Italia

A lanciare l’allarme, durante un webinar organizzato dall’istituto di pagamento Lemonway, è stato l’avvocato Alessandro Maria Lerro, managing partner di Avvocati.net e presidente di Aiec, l’associazione italiana dei provider di equity crowdfunding: “Nonostante l’Italia sia stata un pioniere nel regolamentare il crowdinvesting (il regolamento sull’equity è del 2014, ndr), ora siamo di fronte a un ritardo molto serio, che può avere conseguenze gravi sul mercato nazionale. L’Italia deve decidere al più presto quale sarà l’autorità incaricata di concedere le autorizzazioni alle piattaforme, di gestire il periodo transitorio e di dettare le regole nazionali in materia di marketing e promozione delle campagne”.

Gli attori principali in questo scenario sono due: Consob e Banca d’Italia, con la supervisione del ministero dell’Economia e delle finanze (Mef). Sia Consob sia Banca d’Italia potrebbero svolgere il ruolo di autorità nazionale per gli Escp, oppure si potrebbe creare una nuova autorità dedicata. In ogni caso bisogna decidere.

“Se le circa 100 piattaforme italiane di equity e lending non potranno richiedere l’autorizzazione, allora dovranno cessare la loro attività alla scadenza del periodo transitorio, attualmente fissata per il 10 novembre 2022 – continua l’avvocato Lerro -. Peraltro l’iter di autorizzazione sarà lungo: la nostra stima è di tre mesi. La mia proposta è che, una volta designata l’autorità nazionale, questa proceda subito al conferimento delle autorizzazioni di Escp alle piattaforme che ne hanno i requisiti, per poi controllare in corso d’opera la loro compliance con il regolamento. In questo modo possiamo velocizzare i tempi, permettendo al crowdfunding di continuare a essere un volano per l’innovazione e l’economia reale del nostro paese”.

La situazione in Europa

Muoversi in fretta per l’Italia è una questione internazionale. Il nuovo regolamento ha creato un mercato unico del crowdfunding europeo, quindi ora la competizione è in tutto lo spazio economico comune. Per questo dobbiamo vedere anche cosa stanno facendo i nostri vicini. Francia e Spagna sono più avanti dell’Italia nel recepimento del regolamento e questo potrebbe portare a uno scenario in cui gli operatori locali non solo potranno avere le autorizzazioni nazionali nei tempi giusti, ma avranno anche l’opportunità di chiedere quella relativa ad altri mercati europei. Insomma ci potremmo trovare in una situazione limite, nella quale le piattaforme italiane non riescono a ottenere le autorizzazioni per operare, mentre quelle, per esempio, francesi e spagnole potrebbero raccogliere anche in Italia, colonizzando un mercato nazionale rimasto sguarnito.  

“Non è un caso che l’Esma, l’Autorità europea che regoa finanza e mercati, abbia recentemente suggerito alla Commissione europea di considerare una modifica al regolamento, estendendo il periodo di transizione a tutte quelle piattaforme che faranno domanda di autorizzazione entro il primo ottobre 2022”, chiosa Lerro. D’altronde, secondo i più recenti dati del Politecnico di Milano, il crowdinvesting italiano raccoglie ormai oltre 500 milioni di euro l’anno. Soldi che in larga parte vanno a finanziare progetti imprenditoriali, startup innovative e pmi. Una risorsa che l’Italia non può permettersi di mettere a rischio. 



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www.wired.it
2022-05-24 05:00:00

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