Alcuni lo dichiarano apertamente, per altri si può dedurre da sondaggi e tendenze di voto (fino a quando era possibile renderle pubbliche): sono le percentuali alle quali i partiti aspirano, il livello sotto il quale si potrà dire che le elezioni sono andate bene o, se non superate, si sono rivelate un fallimento.
Centrodestra: Fdi punta a superare il 25%
Gli occhi sono puntati innanzitutto su Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni accreditato da tempo come prima forza politica: stare sopra la soglia del 25% è considerato il risultato ormai a portata di mano. Avvicinarsi al 30% sarebbe un risultato molto positivo. Numeri comunque superiori alla somma di Lega e Forza Italia. I consensi potenziali risultano più che quintuplicati rispetto al 2018, quando alle politiche Fdi aveva raccolto il 4,35 %.
Nel frattempo, dopo una legislatura durante la quale Meloni è rimasta sempre all’opposizione di tre governi (i due guidati da Giuseppe Conte e l’esecutivo di Mario Draghi) i rapporti di forza all’interno della coalizione si sono ribaltati. Ora a inseguire è la Lega. «Il 17% del 2018 è stato il miglior risultato della nostra storia alle politiche. È il nostro benchmark di riferimento verso l’alto» ha detto il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari. Ma i numeri leghisti targati 2022 sembrano molto lontani da quei livelli: in ogni caso per Matteo Salvini scendere sotto la soglia del 10% sarebbe una netta sconfitta, tanto compromettere la sua leadership all’interno del partito.
Scenario che Giancarlo Giorgetti ha tentato di negare: «I tempi dei congressi non dipendono dagli andamenti elettorali – ha detto il ministro per lo Sviluppo economico -. Ci sono i cicli, vanno naturalmente, non sono connessi ai risultati più o meno deludenti o più o meno di successo». Forza Italia, per lunghi anni partito trainante della coalizione di centrodestra, è ormai la componente con le percentuali più esigue: sceso ormai sotto il 10% (nel 2018 era al 14%), il movimento di Silvio Berlusconi dovrà tenersi il più lontano possibile dal 5%.
Centrosinistra, il duello del Pd con M5S
Il Pd di Enrico Letta è costretto a migliorare il risultato del 2018, quando il partito guidato da Matteo Renzi raccolse il 19% (peggiore percentuale della sua storia). Non riuscire a tenersi sopra la “soglia di galleggiamento” del 20% sarebbe una sconfitta. Ma l’esito del voto del 25 settembre andrà valutato al Nazareno anche nel confronto con il Movimento 5 Stelle, l’ex alleato con cui Letta aveva ipotizzato il suo campo largo. Lontanissime le percentuali del 2018, quando i Cinque Stelle erano la prima forza politica (32%), Giuseppe Conte è partito da numeri molto piccoli ma ha condotto una campagna elettorale che, soprattutto al Sud, ha fatto leva sul cavallo di battaglia pentastellato, il reddito di cittadinanza (ma anche sul superbonus). Un tema che ha buona presa nel vasto bacino degl indecisi e che spinge M5S verso l’alto. Superare il 15% sarebbe un risultato positivo, pareggiare con il Pd una vittoria insperata fino ad alcune settimane fa.