Domenica 20 agosto si è tenuto un referendum in Ecuador per fermare l’estrazione di petrolio nel Parco Nazionale Yasuní, nella foresta amazzonica. Ha vinto il sì con il 59% dei voti: è un traguardo storico per gli attivisti ambientali e per le comunità indigene che da anni lottano per proteggere la riserva naturale. Lo stesso giorno si sono svolte le elezioni presidenziali, in un momento di forte tensione nel Paese. La candidata di sinistra Luisa Gonzalez e il centrista Daniel Noboa hanno ottenuto rispettivamente il 33% e il 24% dei voti e si affronteranno in una seconda tornata elettorale.
Una “bolla” di biodiversità
Lo Yasuní, dichiarato dall’Unesco “riserva della biosfera” nel 1989, è una delle regioni con la maggiore biodiversità al mondo. “In un ettaro di terreno nello Yasuní si trovano più specie di flora e fauna che in tutto il Nordamerica”, dice a Wired Xavier Fajardo di Udapt, organizzazione che mette insieme le popolazioni colpite dall’inquinamento petrolifero nell’Amazzonia ecuadoriana. Nello Yasuní abitano inoltre numerose comunità indigene che dipendono dalla foresta per il loro sostentamento.
L’estrazione di petrolio nello Yasuní è iniziata nel 2016, dopo il tentativo fallito dell’allora presidente Rafael Correa di convincere la comunità internazionale a pagare 3,6 miliardi di dollari all’Ecuador per non trivellare nel parco nazionale. Le trivellazioni hanno contribuito a espandere quello che sin dalla fine degli anni ’60 è stato il settore trainante dell’economia ecuadoriana (nel 2022, il petrolio ha rappresentato il 38% delle entrate del settore pubblico e delle esportazioni), ma hanno provocato enormi danni all’ambiente – l’Ecuador è il Paese sudamericano più deforestato in proporzione alle sue dimensioni – e alle popolazioni locali: l’incidenza di tumori maligni nelle regioni amazzoniche dove si concentrano i giacimenti è molto maggiore rispetto al resto del Paese.
Già nel 2014, il collettivo ambientale Yasunidos aveva raccolto le firme necessarie per indire un referendum contro l’estrazione nello Yasuní: il consiglio elettorale aveva però dichiarato invalide le firme bloccando il referendum per quasi un decennio, fino a domenica scorsa.
Sì allo stop
La vittoria del sì comporta l’arresto definitivo delle attività di estrazione nei giacimenti Itt – conosciuti anche come Blocco 43 – nello Yasuní entro un anno. “Questo referendum è, a livello mondiale, la prima consultazione nazionale vincolante partita da un’iniziativa popolare sul tema del petrolio – commenta Alejandra Santillana di Yasunidos -. È un traguardo che un piccolo Paese del Sud Globale come l’Ecuador apra la strada per il contrasto al cambiamento climatico”.
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di Elena Colonna www.wired.it 2023-08-22 04:40:00 ,