di Simone Valesini
Con tante particolarità, è facile ipotizzare che ormai abbiano ben poco a che vedere con le loro parenti di superficie. E in effetti, uno studio pubblicato su Nature nel 1999 puntava proprio in questa direzione, dimostrando che le zanzare della metropolitana di Londra tendono a non riprodursi con esemplari di superficie, e possiedono un pool genetico isolato e più ristretto, compatibile con un singolo evento di colonizzazione. Non deriverebbero cioè da migrazioni continue dalla superficie verso i tunnel sotterranei, ma da un unica migrazione avvenuta in passato, probabilmente durante la costruzione del primo sistema di gallerie della metro.
Non tutti gli esperti concordano con l’idea che rappresentino ormai una specie a sé, ma a prescindere dalle diatribe tassonomiche, le zanzare della metropolitana di Londra sembrano possedere realmente alcune caratteristiche uniche, che senza lo zampino dell’uomo, probabilmente, non avrebbero mai visto la luce.
Falene e inquinamento
Altro esempio da manuale è quello delle falene delle betulle, lepidotteri diffusi in Europa e Nord America che presentano due forme estremamente differenti: una “tipica”, di colore chiaro e maculato, e una “carbonaria”, completamente di colore scuro. Il particolare interessante, in questo caso, è che fino a un paio di secoli fa la variante tipica era molto più diffusa della variante scura, mentre a partire dai primi dell’Ottocento la situazione si è invertita.
Grazie agli studi lanciati dal biologo e genetista inglese Bernard Kettlewell a metà del secolo scorso, oggi sappiamo anche il perché. Lo schema di colori che caratterizza la variante tipica è infatti perfetto per mimetizzarsi sul tronco delle betulle, o almeno lo è stato fino a quando queste sono state di colore bianco. Con la rivoluzione industriale, in Inghilterra (e in altre aree industrializzate del pianeta) la fuliggine prodotta dalla combustione di enormi quantità di carbone ha iniziato a sporcare di nero gli alberi delle aree urbane, rendendo le falene di colore chiaro facile preda degli uccelli. Di colpo, le falene scure si sono trovate avvantaggiate nella lotta per la sopravvivenza, avendo acquisito grazie all’inquinamento una inedita capacità di mimetizzarsi negli ambienti cittadini.
Purtroppo per loro, negli ultimi decenni il progressivo abbandono del carbone come fonte di energia ha ribaltato nuovamente la situazione, rendendo nuovamente vantaggiosa la colorazione della variante tipica. E in effetti, oggi la variante carbonaria è tornata nuovamente più rara della sua controparte chiara un po’ ovunque.
Corna sempre più piccole
La pecora delle Montagne Rocciose, o Bighorn, è una specie di pecora selvatica nordamericana, facilmente riconoscibile per il grande palco di corna esibito dai maschi, che può raggiungere anche i 14 chili di peso. In passato erano estremamente abbondanti, ma la cittadinanza selvatica è diminuita velocemente a partire dall’inizio del secolo scorso, a causa della caccia (e di altri pericoli introdotti dall’uomo, come i nuovi patogeni arrivati con le pecore europee). A partire dagli anni ’30 sono stati lanciati diversi progetti di ripopolamento, che hanno riportato a crescere la cittadinanza delle pecore delle Montagne Rocciose in diverse aree degli Stati Uniti e del Canada. Di recente però la comunità scientifica si è accorta di un particolare curioso: le dimensioni delle corna degli esemplari moderni sono, in media, ben più contenute di quelle che si vedevano in passato.
Cercando una spiegazione, alcuni esperti hanno ipotizzato che anche qui ci sia lo zampino dell’uomo. La caccia a questi animali, seppur strettamente regolata, è ancora possibile in molte aree del Nord America, e quel che interessa ai cacciatori sono proprio le loro corna, che possono essere vendute come trofeo di caccia per cifre molto elevate.
Una possibile spiegazione della riduzione osservata nelle dimensioni medie delle corna è quindi che questo sia effetto della selezione artificiale provocata (involontariamente in questo caso) dall’uomo. Cacciando gli esemplari con le corna più grandi, i cacciatori lasciano maggiori chance riproduttive agli esemplari meno dotati di grandi corna, che normalmente sarebbero in svantaggio visto che le corna sono usate proprio per combattere durante la stagione degli amori. E una stagione dopo l’altra, decennio dopo decennio, gli esemplari con le corna di dimensioni maggiori hanno lasciato una discendenza sempre più esigua, modificando così (con il contributo di altri fattori) il fenotipo predominante nei maschi di questa specie.
Source link
www.wired.it
2021-11-01 06:00:00