di Antonio Piemontese
Glasgow – Paradiso turistico per appassionati, famose per la biodiversità, agli antipodi ma già raggiunte dal naturalista britannico Charles Darwin a bordo del Beagle nel 1835. Le Galapagos, un tempo note come Islas Encantadas (“le isole incantate”) aumentano l’estensione della riserva marina, che passerà da 130mila a 190mila chilometri quadrati. La notizia è stata data a Cop26 dal presidente dell’Ecuador, Guillermo Lasso, cui l’arcipelago sudamericano, situato nel Pacifico a mille chilometri dalle coste dell’America Meridionale, politicamente appartiene.
Tutela ambientale contro riduzione del debito
Il clima di negoziazione di Cop26 ha favorito il raggiungimento di un obiettivo lungamente ambito dagli ambientalisti di tutto il mondo. Ottenuto, ha spiegato Lasso, “con il consenso di tutti gli attori coinvolti: pesca, turismo, conservazione e altri”. Non una considerazione banale: le preoccupazioni per la tutela dell’ecosistema sono legate all’attività dei pescherecci stranieri e locali. Ma le imbarcazioni autoctone sono la base per economie di sussistenza da cui dipendono decine di famiglie, che rischiano di pagare un conto salato, in un tipico trade-off tra transizione ecologica e sopravvivenza.
Ma l’idea di Lasso è scambiare la tutela ambientale con la riduzione del debito del paese. Un processo definito debt for nature swap, che servirà a finanziare i costi di mantenimento della zona, tra cui anche le risorse per una reale vigilanza delle coste.
L’idea del debt for nature swap nasce nel 1984 da una proposta del biologo Thomas Lovejoy: “Si tratta fondamentalmente di una ristrutturazione del debito che viene rinegoziato, di solito, con un gruppo di creditori – spiega Piera Tortora, coordinatrice della Sustainable Ocean for All Initiative, un’iniziativa dell’Ocse -. Il risparmio viene vincolato all’attivazione di progetti legati alla sostenibilità. Il vantaggio è che da una parte si riduce il peso del debito, dall’altra si liberano risorse che gli Stati possono investire in determinati progetti. Per Seychelles, ad esempio, la conservazione di ecosistemi marini e una pesca sostenibile“. L’interesse, prosegue Tortora, è alto, e molti paesi guardano con attenzione a questa esperienza.
Non mancano le criticità, “a partire dal fatto che per finalizzare un debt for nature swap è richiesto un processo negoziale che può essere molto lungo, tre o quattro anni nel caso delle Seychelles. Un percorso, peraltro, difficile dal punto di vista tecnico, per cui può rendersi necessario un supporto da parte di ong in grado di fornire il know how necessario”.
Lo schema debt for nature non è una bacchetta magica da agitare all’occorrenza. Il tasso di interesse più alto della media è il premio che spinge l’investitore verso titoli ad alto rischio. Ma di fronte a stati come il Belize, che ha ristrutturato quattro volte negli ultimi 15 anni, è lecito domandarsi se valga la pena di scommettere ancora. “Sicuramente – prosegue Tortora – un’operazione del genere si accetta per filantropia. Rientra nella funzione assistenziale degli Stati, e infatti viene conteggiata assieme agli aiuti”.
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www.wired.it
2021-11-12 15:00:00