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Data : 2024-06-06 14:50:13
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Il successo o la sconfitta di un partito alle elezioni non si misurano solo in termini assoluti. Non dipendono, cioè, solo dal numero di voti che quel partito ottiene, ma anche dal confronto col risultato di precedenti elezioni, dal risultato di altri partiti avversari o alleati, o dall’aver rispettato o meno gli obiettivi indicati durante la campagna elettorale. Nei commenti e nelle analisi del voto sono spesso questi parametri che vengono presi a riferimento per stabilire «chi ha vinto e chi ha perso».
Infatti, se il conteggio dei voti è un dato oggettivo, giudicare la prestazione elettorale di un partito in termini più generali è un’operazione più arbitraria e spesso ambigua: ognuno può rifarsi a una certa teoria o suggerire un confronto con un certo dato per esaltare oppure sminuire il risultato di questo o quel partito. È il motivo per cui quasi tutti gli esponenti politici, anche quando perdono, riescono molto spesso a dire lo stesso di aver vinto. Ma in politica, per quanto astratte, le “soglie psicologiche” esistono, e determinano talvolta il destino dei leader: potrebbe succedere anche in queste elezioni europee.
Fratelli d’Italia ≥ 25,98%
Per Fratelli d’Italia l’obiettivo dichiarato è confermare il buon risultato ottenuto alle politiche del settembre 2022, quando il partito di Giorgia Meloni alla Camera prese il 25,98 % con 7,3 milioni di voti. Secondo quanto la presidente del Consiglio ha più volte detto, mantenere quel livello di consenso dopo oltre un anno e mezzo di governo sarebbe una certificazione popolare del buon lavoro della coalizione di destra al potere: ed effettivamente, in un periodo storico di consensi fluttuanti, consolidare un ottimo risultato a distanza di venti mesi non è scontato.
In quest’ottica molto concentrata sulla dimensione nazionale rientra anche l’inusuale scelta di Meloni – che ha come unico precedente quello di Silvio Berlusconi – di candidarsi come capolista in tutte le cinque circoscrizioni elettorali in cui è suddiviso il territorio italiano, pur consapevole che il suo ruolo di presidente del Consiglio sia incompatibile con l’incarico di europarlamentare: secondo i sondaggi commissionati un paio di mesi fa da Fratelli d’Italia, la presenza di Meloni in lista garantirebbe quasi due punti percentuali in più al suo partito. Per certi versi, dunque, anche Meloni in persona dovrà dare una dimostrazione di forza: i dirigenti di Fratelli d’Italia dicono che prendere più di un milioni di preferenze sarebbe già un ottimo risultato, ma inevitabilmente bisognerà anche fare un confronto con Matteo Salvini, che nel 2019 si candidò capolista in tutte e cinque le circoscrizioni da vicepresidente del Consiglio e ottenne 2,2 milioni di voti.
Lega vs Forza Italia
Quanto a Lega e Forza Italia, per entrambi sarà decisivo ottenere più voti dell’altro. L’obiettivo prioritario di Salvini e del segretario di Forza Italia Antonio Tajani è infatti affermarsi come seconda forza della coalizione di destra. Anche per questo nelle ultime settimane i due vicepresidenti del Consiglio sono impegnati in uno scambio di critiche e di accuse, con Forza Italia che prova a esibire il proprio ruolo di componente moderata ed europeista dell’alleanza di governo, e la Lega che al contrario esaspera i toni più radicali ed euroscettici della sua propaganda.
Anche in questo caso la soglia da guardare è il risultato delle politiche del 2022. Del resto il confronto con le europee del 2019, per Salvini, è improponibile: cinque anni fa nel suo periodo di massimo consenso la Lega prese il 34,26 % dei voti, ma era appunto un’altra stagione politica. Il 25 settembre del 2022, alle elezioni per la Camera dei deputati, la Lega ottenne invece l’8,79 %, Forza Italia l’8,11 %. Per entrambi i partiti, dunque, l’obiettivo minimo sarà fare meglio di allora, sperando che tanto basti ad assicurarsi il secondo posto nella coalizione di governo.
– Leggi anche: In che senso si può scrivere “Berlusconi” sulla scheda elettorale
PD ≥ 20% (oppure ancora di più, a essere ambiziosi)
Si può dire che il Partito Democratico abbia come primo termine di paragone il 19,04 % conseguito alle politiche del 2022, quando ottenne 5,3 milioni di voti sotto la guida di Enrico Letta. È per questo che già nei mesi scorsi vari dirigenti del PD avevano indicato il 20 % come «soglia di galleggiamento» per la segretaria Elly Schlein, nel senso che al di sopra di quella cifra non verrebbe messa in discussione. Tuttavia è anche legittimo assegnare al PD soglie più alte, viste le aspettative sulla leadership di Schlein – nate nello scorso anno dopo la sua inaspettata vittoria alle primarie contro Stefano Bonaccini – e vista la grande enfasi data dai suoi collaboratori al «boom del tesseramento» e all’«effetto Schlein», cioè alle molte nuove iscrizioni al partito a seguito di quella vittoria.
Alle europee del 2019, quando il segretario era Nicola Zingaretti, il partito ottenne il 22,74 %, con poco più di 6 milioni di voti: ne facevano parte ancora sia Carlo Calenda sia Matteo Renzi, che nei mesi seguenti avrebbero poi abbandonato il PD portandosi dietro un bel po’ di elettori. Per Schlein dunque quella soglia è difficile da raggiungere ed è un traguardo ambizioso a cui puntare: confermare quel livello di consenso o persino migliorarlo significherebbe peraltro ridurre in maniera sensibile la distanza del PD da Fratelli d’Italia, dando più forza alle opposizioni nei mesi che verranno. Allo stesso modo, anche per Schlein, conteranno molto le preferenze personali che otterrà come candidata capolista nelle circoscrizioni del Centro e delle Isole.
Il M5S non sa se conviene essere pessimisti per abbassare le aspettative
Il Movimento 5 Stelle sta faticando a definire le proprie aspettative elettorali. La scorsa settimana ha fatto clamore una dichiarazione del capogruppo al Senato Stefano Patuanelli, uno degli esponenti più autorevoli del partito, che ha alluso a un M5S destinato a prendere non più del 10 %, anche a causa del forte astensionismo previsto nelle regioni del Sud, quelle dove il Movimento gode tradizionalmente di più consenso. Giuseppe Conte, il leader del partito, ha liquidato con insofferenza queste previsioni un po’ pessimistiche dicendo che Patuanelli è scaramantico, ma rifiutando a sua volta di indicare una soglia da tenere d’occhio (i giornalisti la fanno spesso la domanda su qual è il risultato minimo soddisfacente che si aspettano i leader).
Cinque anni fa, il M5S alle europee ottenne il 17,06 %, con 4,5 milioni di voti, mentre alle politiche del 2022 prese il 15,43 % con 4,3 milioni di voti. Se davvero si fermasse al 10 %, sarebbe il peggior risultato della storia del M5S in un’elezione di carattere nazionale. Inoltre, un aumento significativo del divario rispetto al PD, che alle politiche del 2022 fu di 4,5 punti, minerebbe forse definitivamente le aspirazioni di Conte a proporsi come riferimento del centrosinistra, assegnando ancor di più questo ruolo a Schlein.
Per tutti gli altri c’è solo un numero da tenere a mente: 4
Per gli altri partiti di opposizione il risultato minimo da raggiungere è previsto dalla legge elettorale: è la soglia di sbarramento del 4 %, al di sotto della quale non si eleggono europarlamentari. Si trovano in questa situazione Azione di Calenda, la lista Stati Uniti d’Europa di Renzi ed Emma Bonino, e Alleanza Verdi e Sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.
– Leggi anche: I candidati italiani alle europee da tenere d’occhio
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Il post dal titolo: I numeri da guardare per capire se i partiti italiani saranno andati bene o male alle europee scitto da il 2024-06-06 14:50:13 , è apparso sul quotidiano online Politica – Il Post dove ogni giorno puoi trovare le ultime notizie dell’area geografica relativa a Politica