Secondo una guida pubblicata lo scorso ottobre dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), sono sempre più le specie di funghi che risultano resistenti all’azione dei farmaci antifungini, esattamente come succede per i batteri. E proprio in questi giorni il Centre for Disease Control and Prevention (Cdc) ha pubblicato un rapporto in merito a due casi accertati negli Stati Uniti di infezione da Trichophyton indotineae, una specie recentemente scoperta che causa la cosiddetta “tigna” e che risulta resistente agli antimicotici normalmente utilizzati per trattare questa malattia (che può essere causata anche da altre specie di funghi). Casi di infezione da T. indotineae erano stati precedentemente riportati in Asia, Canada e Europa, ma mai negli Stati Uniti.
La tinea corporis
La tigna, o tinea corporis, è una malattia della pelle che può essere causata da varie specie di funghi, molto spesso appartenenti al genere Trichophyton. In generale si presenta con rush cutanei rossastri e pruriginosi, spesso di forma circolare con l’interno più chiaro e l’esterno più arrossato e a volte rigonfio. L’infezione è facilmente trasmissibile attraverso il contatto cutaneo con persone o animali infetti, ma solitamente è suscettibile al trattamento con creme antimicotiche, e solo raramente è necessario ricorrere alla terapia orale.
La specie resistente
Inizialmente si pensava che le due infezioni di cui parla il rapporto del Cdc fossero causate dal Trichophyton mentagrophytes, una specie nota da tempo per essere in grado di causare infezioni cutanee che solitamente rispondono al trattamento con farmaci antimicotici a base di terbinafina. Una specifica analisi genetica, condotta proprio perché le due pazienti non rispondevano ai farmaci “classici”, ha poi rivelato che si tratta invece di infezione da Trichophyton indotineae. Quest’ultima assomiglia molto a T. mentagrophytes sia dal punto di vista genetico che della sintomatologia che causa: T. indotineae presenta però una specifica mutazione che gli conferisce appunto la resistenza alla terbinafina. Questa specie è stata inizialmente isolata da due pazienti uno nepalese e uno indiano e riconosciuta poi come specie a sé nel 2020.
Le due pazienti
Le due pazienti statunitensi sono due donne di 28 e 47 anni, che non hanno legami fra loro e che molto probabilmente hanno contratto l’infezione in modo indipendente: una delle due ha infatti iniziato ad avere i primi sintomi nell’estate del 2022 durante una vacanza in Bangladesh, mentre l’altra ha manifestato i primi segni della malattia più o meno un anno prima. Quest’ultima non è a conoscenza di contatti che possano averle trasmesso l’infezione e, al contrario dell’altra, non ha effettuato viaggi internazionali nei mesi precedenti alla comparsa dei sintomi. La paziente infettatasi per prima è stata trattata con itraconazolo, che ha causato la completa scomparsa del rush. Secondo quanto riportato dal Cdc, rimane comunque sotto regolare monitoraggio. L’altra è stata invece trattata con griseofulvina, che ha permesso un netto miglioramento ma non la completa scomparsa dei sintomi. Data la recente conferma di infezione con T. indotineae, i medici stanno valutando se utilizzare l’itraconazolo anche nel suo caso.
Le raccomandazioni del Cdc
I casi di queste due pazienti, si legge nel report del Cdc, dovrebbero destare l’attenzione su alcuni punti: “Gli operatori sanitari devono prendere in considerazione l’infezione da T. indotineae nei pazienti con tinea diffusa, in particolare quando le eruzioni non migliorano con gli antimicotici topici di prima linea o con la terbinafina orale”. Inoltre, Cdc sottolinea l’importanza di ottimizzare l’utilizzo di farmaci antimicotici e corticosteroidi, sia su prescrizione che da banco, cercando di limitare il più possibile gli abusi.
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di Sara Carmignani www.wired.it 2023-05-15 14:36:18 ,