Il Governo lavori a un Sud moderno

Il Governo lavori a un Sud moderno

Il Governo lavori a un Sud moderno


Mezzogiorno, 22 ottobre 2022 – 07:58

Oggi più che mai, invece, abbiamo bisogno di un esecutivo che tracci la rotta, restituisca un pizzico di speranza e spinga il Meridione a navigare in mare aperto

di Enzo d’Errico

Quello che nasce oggi al Quirinale, con il giuramento davanti al presidente Mattarella, è senza dubbio un governo a trazione nordista. Come d’altronde tutto lasciava immaginare. Il risultato delle elezioni era un indizio, la scelta dei ministri è una prova. Ovviamente, però, bisognerà aspettare i fatti prima di formulare un giudizio. Per il momento, scorrendo la lista dell’esecutivo, sappiamo che su venticinque nomi (compreso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano) appena sei provengono dal Mezzogiorno, una percentuale risicata tenendo conto che parliamo della rappresentanza di mezza Italia. Ma anche di quella parte del Paese che, con il massiccio consenso riservato ai Cinque Stelle tramite la leva del Reddito di cittadinanza, ha scelto la conservazione dell’esistente, rinunciando a scommettere sul futuro che, da fronti opposti, i due principali contendenti della sfida – Pd e Fratelli d’Italia – le prospettavano. Abbiamo già scritto più volte che è andata così anche perché i partiti non sono stati in grado di presentare un’offerta politica alternativa, capace di spingere almeno una quota di quell’elettorato ad abbandonare la comfort zone di un sussidio – necessario come argine contro la povertà dilagante ma fallimentare sul versante dell’inserimento occupazionale – per affrontare a testa alta gli ineludibili temi dello sviluppo e dell’innovazione.

Ecco perché speriamo che tra i primi obiettivi di Giorgia Meloni ci sia il radicamento della modernità nel Sud. Sì, proprio quella modernità che nella nostra terra viene considerata una terribile insidia, capace solo di strapparti dagli ormeggi (pochi, troppo pochi) cui sei aggrappato per non affogare. Oggi più che mai, invece, abbiamo bisogno di un governo che tracci la rotta, restituisca un pizzico di speranza e spinga il Meridione a navigare in mare aperto. Il quadro internazionale è sotto gli occhi di tutti, la crisi energetica e una probabile recessione rischiano di trasformare il prossimo inverno nel peggiore tra quelli del nostro scontento. Appare chiaro che dinanzi a simili minacce, chi corre il pericolo di soccombere è la porzione più debole del Paese. Allo stesso tempo, però, l’Italia non potrà tenere testa alla crisi lasciando andare alla deriva una quota tanto significativa del suo territorio. La nuova maggioranza, naturalmente, affermerà di voler sostenere il Mezzogiorno, rigettando l’idea di un irrimediabile distacco dal Nord. E, allo stato delle cose, nulla induce a pensare il contrario. Tuttavia alcuni segnali consigliano di mantenere alto il livello di guardia. Il primo è la nomina di Roberto Calderoli al dicastero degli Affari Regionali e delle Autonomie. Sia chiaro, non è una sorpresa: le voci dal sen fuggite gli avevano da tempo assegnato quel posto.


Ma la conferma delle indiscrezioni solleva un tema che da mesi, ormai, aleggia nel dibattito politico e istituzionale: fino a che punto Giorgia Meloni sarà disposta a seguire la Lega sul terreno dell’autonomia differenziata? Concederà uno spazio senza limiti a un ministro che di questo progetto – letale per il Sud nei termini fin qui indicati – è tra i pasdaran? L’altro elemento poco confortante è lo spacchettamento tra il dicastero del Sud e quello della Coesione territoriale, affidati a persone diverse. Come si riuscirà a coordinare due competenze che, se devono funzionare, vanno necessariamente tenute insieme? Qualche risposta a simili interrogativi può essere ricercata nelle parole spese dal nuovo presidente del Consiglio in campagna elettorale. Più volte Giorgia Meloni ha dichiarato che la questione meridionale rientra a pieno titolo nella questione nazionale e quindi è sbagliato stralciarla e occuparsene a parte. Diciamo che la prima parte del ragionamento è certamente condivisibile, la seconda meno perché i ritardi del Meridione hanno connotati (antichi) che richiedono politiche territoriali e proposte specifiche. Però anche in questo caso vedremo quale sarà l’operato dell’esecutivo e valuteremo volta per volta i suoi provvedimenti. Accanto a queste zone d’ombra, tuttavia, possiamo intravedere pure qualche spiraglio di luce, a cominciare dall’istituzione di un ministero per il Mare che, riempito di contenuti e precise responsabilità, può rappresentare una novità interessante, soprattutto per il Sud. Infatti qualche giorno fa, su queste pagine, Emanuele Imperiali ne aveva sollecitato la realizzazione. E, non a caso, le due materie sono state accorpate e affidate al siciliano Nello Musumeci. Altri barlumi di luce vengono dalla nomina di Adolfo Urso, anche lui siciliano, al neonato ministero delle Imprese e del Made in Italy che ha preso il posto dello Sviluppo economico. L’ex presidente del Copasir è un moderato, capace di ascolto e conosce bene le criticità e le esigenze produttive del Mezzogiorno: tutto lascia credere che saprà dialogare con un tessuto industriale ormai allo stremo dopo il Covid, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e il conseguente rincaro delle bollette. Ma, come sempre, saranno i fatti ad avvalorare o smentire tali considerazioni. Lo stesso discorso vale per Gennaro Sangiuliano, napoletano, che dalla direzione del Tg2 trasloca al ministero della Cultura, un settore determinante per le sorti del Meridione.

Parliamo, infatti, di un asset che — se saprà coordinare la salvaguardia del nostro patrimonio con la valorizzazione dei beni culturali e l’inclusione sociale attraverso il linguaggio delle arti — potrà avere un ruolo trainante per radicare anche qui un’idea di modernità capace di declinare insieme passato e futuro. Sangiuliano è un giornalista di successo, un uomo colto, abile nella mediazione e ben conosce i meandri della politica italiana: dobbiamo augurarci che metta a frutto queste credenziali per dare alla Cultura una funzione essenziale negli equilibri del governo. Ma il compito più difficile spetterà sicuramente al prefetto Matteo Piantedosi, di origini irpine, che si troverà a fronteggiare una situazione dell’ordine pubblico che nel Mezzogiorno, e in particolare nella sua regione, sembra ormai fuori controllo. L’auspicio è che si occupi principalmente di questo, invece di lasciarsi invischiare nelle pretestuose polemiche sui migranti. La sicurezza è un bene primario e non importa chi sia a minarla. I delinquenti sono delinquenti, punto e basta. Al di là della loro nazionalità. E vanno puniti severamente. Tutti. Se vogliamo davvero invertire la marcia dell’intero Paese.

22 ottobre 2022 | 07:58

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