Appresa la notizia dell’indagine aperta a loro carico per la gestione della prima ondata della pandemia – oltre che degli allora vertici di Regione Lombardia e Cts – l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza ostentano serenità. «Apprendo dalle agenzie di stampa notizie riguardanti l’inchiesta di Bergamo. Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura», ha fatto sapere l’ex premier in una nota, dicendosi «tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica». Parole simili a quelle utilizzate poco dopo da Speranza, che in una nota si è detto convinto che «chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto. Io sono molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell’esclusivo interesse del Paese. Ho piena fiducia come sempre
nella magistratura».
L’inchiesta
A conclusione dell’indagine sul mancato aggiornamento dei piani pandemici e sulla mancata instaurazione di una zona rossa per i Comuni di Nembro e Alzano Lombardo a marzo 2020 – tre anni fa esatti – la procura di Bergamo ha infatti avviato l’invio delle notifiche a venti indagati. Oltre a Conte e Speranza, indagati coi capi di accusa di epidemia colposa aggravata e omicidio colposo plurimo, vi sono tra questi il presidente appena riconfermato della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, ma anche gli allora consulenti scientifici del governo – il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro; il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo; l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli – oltre a diversi dirigenti chiave del ministero della Salute, alcuni dei quali tuttora nel pieno del loro incarico. Gli atti relativi all’ex premier e all’ex ministro, in particolare, saranno trasmessi al Tribunale dei ministri. Le loro posizioni non figurano, dunque, nell’avviso di conclusione indagini, che riguarda invece gli altri 17 indagati.
La reazione dei familiari delle vittime
Reazioni ben diverse quelle che arrivano da alcune associazioni dei famigliari delle vittime della prima ondata pandemica nella zona. Che gioiscono per uno sviluppo atteso da lungo tempo. «Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un’Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid-19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni», ha scritto in una nota scrive l’associazione dei familiari delle vittime #Sereniesempreuniti. «Da sempre ci siamo sconfitti per la verità per i nostri cari – spiega il direttivo dell’associazione – nonostante l’omertà che ha sempre contraddistinto questa storia. Siamo andati avanti senza mai scoraggiarci nel percorso di memoria e di giustizia, confidando nella magistratura, e oggi non possiamo fare altro che ringraziare la dottoressa Rota, il suo team, e il Procuratore di Bergamo Antonio Chiappani». «Questa decisione – prosegue l’associazione – non ci restituisce i nostri cari e non cancella le lacrime che abbiamo versato, ma onora la memoria di chi ha pagato in prima persona».
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Scritto da Redazione perwww.open.online il 2023-03-01 19:52:00 ,