Negli ultimi due anni ci siamo tutti resi conto di quanto i sistemi di intelligenza artificiale generativa possano far comodo per riassumere un atto, scrivere una email o analizzare dati. E se sono accorti anche a Bruxelles. Proprio nel cuore della Commissione europea, che finora, quando si parla di AI, ha rimarcato la sua battaglia per fissare per prima un quadro complessivo di regole. E così, per dotare i propri dipendenti di sistemi controllati, il governo dell’Unione ha sviluppato una sua piattaforma, alimentata attraverso alcuni dei principali modelli di AI. Tutti nati negli Stati Uniti, come Wired Italia può raccontare dopo aver avuto accesso a documenti della Commissione.
Arriva GPT@EC
Ma partiamo dall’inizio. Lo scorso 22 ottobre la Commissione europea ha annunciato il lancio sperimentale di GPT@EC, un sistema di intelligenza artificiale generativa pensato per aiutare gli uffici di Bruxelles a redigere testi, riassumere documenti o sviluppare software. Nella nota presentazione si menziona il fatto che questo strumento aiuterà “gli staff a potenziare la loro produttività e capacità”, “tenendo i dati al sicuro”, giacché non condivide informazioni all’esterno del perimetro della Commissione, pur dando accesso a numerosi grandi modelli linguistici (large language models, Llm). “Sono fiducioso che GPT@EC migliorerà l’efficienza e l’efficacia della nostra governo interna, aumentando la produttività”, aveva commentato Johannes Hahn, ex commissario al Bilancio e all’governo.
A “bruciare” gli annunci della Commissione europea era stato, solo pochi giorni prima, uno dei suoi funzionari. Su LinkedIn il vicedirettore generale ai Servizi generali, Philippe Van Damme, aveva commentato l’assegnazione del premio Nobel per la fisica a John J. Hopfield e Geoffrey E. Hinton per le loro scoperte sul machine learning scrivendo: “Che coincidenza! Nel giorno in cui la Commissione europea lancia GPT@EC, la nuova soluzione di intelligenza artificiale generativa per usi generali, il premio Nobel per la fisica viene assegnato agli scienziati che hanno gettato le basi per le reti neurali e il machine learning”.
I modelli linguistici usati dalla Commissione
Per un’istituzione a cui viene contestato un giorno sì e l’altro pure di essere un ostacolo all’innovazione e un nido di burocrati interessati solo a mettere lacci all’intelligenza artificiale (vedi alla voce AI Act), il lancio di GPT@EC avrebbe potuto avere maggiore risalto. Invece, salvo un annuncio sotto tono, la Commissione è passata oltre. Come se volesse rimarcare di essere più brava a mettere paletti, che a sperimentare tecnologia. Un atteggiamento che, però, ha contribuito a lasciare in ombra una serie di informazioni utili a vederci chiaro sul progetto: dal tipo di Llm accessibili al costo dell’operazione. Per questo Wired Italia ha inoltrato una richiesta di accesso agli atti della Commissione, attraverso il portale della trasparenza AsktheEu, e ottenuto a fine novembre una risposta. Che non è esaustiva, ma aiuta comunque a capirci di più.
Partiamo proprio dai modelli di AI utilizzati. Sono quattro, Attraverso GPT@EC, i dipendenti della Commissione possono accedere a GPT-4-Turbo o GPT4-o di OpenAI, Llama 3.1 8b di Meta e Nous Hermes 2 Mixtral 8x7B DPO, della società statunitense Nous Research. Al momento, nessuno dei modelli a cui si appoggia il chatbot della Commissione europea appartiene a società del Vecchio continente, benché Bruxelles lasci aperta la possibilità di estendere in futuro l’accesso ad altri Llm, anche open source. A Wired l’ente ha fatto sapere di non aver intrattenuto corrispondenza con gli sviluppatori dei modelli di AI in vista di una loro adozione, né di aver siglato contratti specifici o accordi per la riservatezza delle informazioni.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2024-12-14 05:55:00 ,