di Luca Zorloni
Glasgow – Nel rush finale dei negoziati a Cop26, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite in corso a Glasgow, l’Italia ha presentato le sue comunicazioni per l’adattamento. Ossia quel pezzo dell’accordo di Parigi che riguarda le azioni per aggiustare gli effetti attuali e futuri del cambiamento climatico e va a braccetto – e talvolta in conflitto, quando si arriva ai soldi – con la mitigazione, che riguarda invece gli interventi sulle emissioni di gas serra. Siglato nel 2015 ma applicato da quest’anno, l’accordo di Parigi prevede che ogni Paese invii e aggiorni periodicamente un piano con cui stabilisce le sue priorità e le sue politiche per l’adattamento. Documento che l’Italia ha inviato alle Nazioni Unite durante Cop26.
Roma si unisce così alle altre 34 cancellerie che hanno già messo nero su bianco i loro impegni: dall’Uruguay (primo fra tutti, nel novembre 2017) alla Svizzera, dal Regno Unito alla Colombia, da Panama all’Olanda fino al Sud Africa. Nella lista ci sono anche Unione europea e Stati Uniti, la Russia e l’Australia. Il documento realizzato dal ministero della Transizione ecologica (Mite) individua le acque, il rischio idrogeologico, gli incendi, l’agricoltura, la salute e le aree urbane come “i settori più colpiti, che rappresentano i maggiori rischi nel Paese”.
Le comunicazioni non stabiliscono già il piano d’azione con cui il governo intende affrontare i problemi, ma devono essere una sintesi informativa delle priorità. Motivo per cui l’Italia ha presentato un documento sintetico, a dispetto di altri Paesi che hanno inoltrato i loro piani senza farne una sintesi. A quanto apprende Wired dal Mite, il piano di adattamento è in fase di approvazione.
L’incontro chiave per affrontare la crisi climatica
Le priorità per l’adattamento
La salvaguardia delle acque è una delle priorità indicate dal piano italiano. “Nei prossimi decenni – si legge – l’incremento delle temperature media, della evotraspirazione e delle minori piogge contribuirà a un decremento fino al 40% dei flussi [idrici, ndr] entro il 2080”. E un ulteriore calo del 10-15% dipenderà alle attività umane, per l’aumentata competizione ad assicurarsi acqua per gli usi domestici, l’agricoltura, l’industria, l’energia e il turismo, che “sarà esacerbata dagli impatti del cambiamento climatico”. La risposta si baserà su un rafforzamento della gestione idrica e una riduzione delle perdite, anche per cautelarsi dall’aumento dei casi di siccità e dalla salinizzazione di corsi d’acqua e terre lungo le coste.
Seconda voce è il rischio idrogeologico, concentrato in particolare sulle aree interne e sugli interventi per mettere in sicurezza insediamenti e attività umane. Terzo: l’agricoltura, voce fondamentale dell’economia nazionale. Il documento fa riferimento a stime di una riduzione della produzione di granoturco del 25% tra il 2030-40 rispetto ai livelli attuali per le conseguenze del cambiamento del clima e di un dimezzamento di quella di grano, così come con conseguenze sugli allevamenti. Puglia, Sicilia e Sardegna sono indicate come le regioni più rischio.
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www.wired.it
2021-11-13 09:20:23