La grande ambizione: il ritratto di un’Italia sospesa tra sogni di cambiamento e tragedie politiche
“regolarmente si vede la lotta delle piccole ambizioni, legate a singoli fini privati, contro la grande ambizione, che è indissolubile dal bene collettivo.” [Antonio Gramsci]
Andrea Segre, con il suo film La grande ambizione, non si limita a raccontare la vita di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano (PCI) negli anni cruciali dal 1973 al 1978, ma costruisce un’opera che parla tanto del passato quanto del presente dell’Italia.
Con una narrazione che intreccia biografia, politica e storia collettiva, Segre analizza un’epoca segnata da grandi aspirazioni e profonde disillusioni, gettando luce sulle fragilità strutturali della democrazia italiana.
Il compromesso storico: tra idealismo e realtà
Il film si apre simbolicamente in Cile, durante il colpo di Stato che nel 1973 rovesciò Salvador Allende.
La fine violenta del governo socialista di Allende, soffocato dal regime di Augusto Pinochet con il sostegno degli Stati Uniti, diventa per Berlinguer una lezione amara: una trasfigurazione democratica del sistema socioeconomico in Italia sarebbe stata possibile solo evitando lo scontro frontale con i poteri forti, interni ed esterni.
Nasce così l’idea del compromesso storico: un’alleanza tra comunisti, socialisti e cattolico-progressisti per garantire stabilità e progresso sociale.
Elio Germano offre una magistrale interpretazione di Berlinguer, restituendone l’aura malinconica e l’ostinazione visionaria. La domanda che ossessiona il segretario del PCI (“Se vinciamo, cosa ci lasceranno fare?”) rappresenta il cuore pulsante di un’epoca in cui il timore di un colpo di stato era tutt’altro che infondato.
La democrazia zoppa e il peso delle influenze straniere
Segre dipinge l’Italia degli anni Settanta come una democrazia zoppa, incapace di emanciparsi dalle ingerenze internazionali.
L’ombra degli Stati Uniti, attraverso la CIA e le alleanze NATO, aleggia sullo sviluppo del compromesso storico, ostacolando qualsiasi tentativo di rivoluzione democratica e pacifica. Allo stesso tempo, il film non ignora le pressioni da Mosca: Brezhnev, interpretato da un incredibile sosia, ammonisce Berlinguer sul pericolo di avvicinarsi smoderatamente alla Democrazia Cristiana.
La politica italiana, già segnata dalle stragi e dai conflitti sociali, trova nell’omicidio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse l’epilogo di questa fase storica.
La scelta di non trattare con i terroristi, decisione condivisa da tutte le forze politiche, diventa il tragico simbolo di un sistema incapace di superare le proprie contraddizioni.
Storia e memoria
Il regista non si limita a documentare, ma sceglie una prospettiva precisa: raccontare lo sguardo di Berlinguer, le sue aspirazioni e i suoi errori, dando forma a un film che non pretende di essere esaustivo ma intende stimolare riflessione.
La citazione gramsciana che apre il film – sull’ambizione come motore di un bene collettivo – non è solo una chiave di lettura dell’opera, ma anche una dichiarazione di intenti del regista: narrare una visione politica, non una cronaca.
La ricostruzione storica è puntuale, arricchita da un impressionante lavoro d’archivio.
Il film alterna materiali d’epoca, come le immagini dei sostenitori di Allende, con sequenze girate ad arte, in cui costumi, scenografie e recitazione riportano lo spettatore nel clima teso e idealista degli anni Settanta.
Tuttavia, alcune critiche sono inevitabili: il rapporto di Berlinguer con la base del PCI e con l’elettorato non emerge pienamente, lasciando la sensazione che il carisma popolare del leader sia dato più per assunto che dimostrato.
Un film che fa rimpiangere, ma non solo di nostalgia
La grande ambizione commuove, ma non per mera nostalgia. Piuttosto, ricorda le conquiste sociali e culturali di quegli anni e invita a riflettere sulle scelte difficili e sui compromessi necessari per realizzare un sogno politico.
La figura di Berlinguer, con la sua ambizione “grande”, mai piegata a interessi personali, rappresenta un’ispirazione per chi ancora oggi cerca una politica che unisca idealismo e concretezza.
Segre costruisce un’opera che, pur con qualche limite, offre un contributo significativo alla comprensione di una fase complessa della storia italiana.
Non è un film perfetto né esaustivo, ma riesce a trasmettere il senso del tragico e del possibile che ha caratterizzato la parabola di Enrico Berlinguer e del compromesso storico.
La grande ambizione non si accontenta di raccontare il passato, ma si interroga, con coraggio, sul presente e sul futuro di una politica che sembra aver smarrito il senso dell’ambizione autentica.
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di Veronica Cirigliano
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2024-12-02 09:23:00 ,