Il neopresidente rivendica di non essere «mai stato in Russia», ha sempre spinto per un asse con il governo di Varsavia. L‘elezione un segnale «identitario» voluto da Salvini
Nel parlare conLorenzo Fontana, classe 1980
da Verona, si fa un po’ fatica a riconoscere in lui il ritratto da babau che se ne legge in giro. Non pare poi un estremista e nemmeno un fascista o un razzista: «E come potrei? Io sono un cattolico…». In realtà, sembra soprattutto un secchione. Un nerd sempre in giro con qualche libro in mano come quando nel 2018, da poco eletto alla Camera, attraversava il transatlantico con in mano un libro su «Maggio mese di Maria». La passione per i libri, soprattutto quelli sulla battaglia di Lepanto, si è trasformata in una collezione di lauree: ora è alle prese con la quarta, presso l’università pontificia San Tommaso d’Aquino Angelicum. Le cui lezioni lo costringono spesso a «scelte dolorose»: o il sapere o la quotidiana messa del mattino. Una cosa è certa: la sua elezione è figlia, anche, di un segnale «identitario» lanciato da Matteo Salvini. Una fisionomia, quella di Fontana, che fa sì che nello stesso giorno il vice segretario della Lega arrivi alla presidenza della Camera dei deputati e pure in testa ai Twitter trends, 24.100 cinguettii ieri sera alle 20.
Subito dopo l’elezione, fedele all’immagine di uomo di famiglia, Lorenzo Fontana bagna l’evento nei nuovi uffici circondato dalle «sue donne»: la moglie Emilia, la figlia di sei anni, la mamma arrivata dal «quartiere popolare di Verona» rievocato nel discorso post elezione. Poi, negli uffici della presidenza della Camera arrivano Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti, che è nientemeno che il padrino di battesimo della figlia di Fontana. Al batter di bicchieri si materializzano anche Maria Elena Boschi e Ettore Rosato da Italia Viva, diversi esponenti di Fratelli d’Italia, nessuno dal Partito democratico.
Il Pd infatti si appresta, già lo ha fatto, a dar battaglia sui diritti civili.
Al mattino, prima che si apra la seduta della Camera, in Aula appare uno striscione: «No a un presidente omofobo e pro Putin». Lo hanno affisso Alessandro Zan, il promotore del progetto di legge contro le discriminazioni sull’orientamento sessuale, insieme alla più giovane degli eletti Rachele Scarpa. Fontana, quasi certamente nemmeno lo vede: i commessi fanno sparire l’affiche in un batter d’occhio, mentre lui è nel cortile della Camera per la foto opportunity, tutti i dirigenti leghisti intorno al inventore Umberto Bossi. Ma il fatto che i Dem intendano giocarsi la palla sul presidente «integralista» è certificato dal prender piede di un’ipotesi suggestiva: indicare per la vicepresidenza proprio Alessandro Zan. «Quasi un satanista» ridacchia qualche leghista. Fontana ci tiene a prendere le distanze dall’immagine cucita addosso: «Dimostrerò che saprò tutelare tutte le minoranze». Anzi, «serve che il presidente e che tutta la Camera rispetti in particolare modo la minoranza».
Va però detto che, a dispetto della maglietta contro le sanzioni alla Russia e ad alcune dichiarazioni spericolate che lo inchioderebbero al putinismo, Fontana oltre a non essere «mai stato in Russia» non è mai stato un fan del presidente russo. Lui ha sempre pensato a tutt’altro. Al punto da arrivare al grande freddo con Salvini, con cui aveva diviso l’alloggio da europarlamentare nel 2009: il leader infatti lo sostituì come responsabile Esteri della Lega con Giorgetti.
Fontana teorizzava l’avvicinamento al Partito popolare europeo. La saldatura tra i partiti del blocco di Visegrad e quelli della destra occidentale in modo da spingere il Ppe ad allentare i legami con i socialisti. Più che Putin, Fontana ha sempre preferito il premier polacco Morawiecki. Il sogno, nemmeno troppo segreto, era semmai sottrarre i polacchi all’alleanza con l’eurogruppo Ecr guidato da Giorgia Meloni. Ma la prova del nove è stata in occasione del viaggio (mancato) di Salvini a Mosca di pochi mesi fa: Fontana, che sconsigliava caldamente, fu totalmente tagliato fuori, sostituito dal «consulente» Antonio Capuano.
Di certo, Fontana è un cattolico «integrale» che ogni (santo) giorno ricorda su Twitter i festeggiati dalla chiesa, beati e arcangeli inclusi. Con Giorgetti, a dispetto dell’avvicendamento agli esteri, il rapporto è sempre stato eccellente: «É un bravo ragazzo — diceva ieri il probabile nuovo ministro dell’Economia —. L’ho anche portato a vedere il Southampton».
14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 23:27)
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Marco Cremonesi , 2022-10-14 21:12:20 ,