Le ultime assunte, nella neonata “Azienda Agricola Pompei”, sono 150 pecore che già pascolano allegre nell’area verde della città antica provvedendo inconsapevoli alla manutenzione del territorio. Sotto di loro, e sotto l’erba che hanno cominciato a brucare, ceneri e lapilli custodiscono chissà quante altre meraviglie da svelare al mondo. Nella Pompei che non smette mai di sorprendere, raccontando la vita cristallizzata al 79 d.C., l’anno della famigerata eruzione, c’è un nuovo corso, rigorosamente “green”, che aiuta a ripensare il Parco archeologico. In modo sostenibile e intelligente. “Perché l’innovazione più grande, spesso, è il ritorno alle radici e la più efficiente tecnologia è la natura”, annuisce il direttore Gabriel Zuchtriegel.
Loro, le pecore, sono arrivate nell’ambito di un accordo sperimentale di nove mesi. Tecnicamente si definisce “eco-pascolo”: il Parco non ha spese, gli ovini provvedono al mantenimento delle superfici a prato, nel pieno rispetto delle caratteristiche naturalistiche delle aree, assicurando – senza l’uso di pesticidi – il contenimento delle malerbe e la concimazione naturale dei terreni. “Le pecore non necessitano di energia elettrica quanto un macchinario, e dunque non c’è nessun costo né inquinamento. – continua Zuchtriegel – L’erba tagliata in maniera industriale normalmente diventa un rifiuto a tutti gli effetti da smaltire. Una pecora, invece, ingerisce l’erba che mastica e la ricicla fertilizzando il prato che ricco di materia organica e microrganismi è la migliore assicurazione contro allagamenti e siccità”. Niente male, vero?
Del resto nella Pompei che continua ad attrarre milioni di visitatori da tutto il mondo (terzo, tra i siti italiani, per numero di ingressi, dopo Uffizi e Colosseo, con 1.037.766 persone nel 2021, erano quasi 4 milioni nel 2019) la silenziosa rivoluzione verde e sostenibile – che passa proprio attraverso un progetto definito “Azienda Agricola Pompei” – è avviata già da qualche anno. E si traduce per esempio nella coltivazione di 60 ettari di campi e spazi verdi, diffusi sui tre siti archeologici di Pompei, Stabiae e Boscoreale.
Un ritorno al passato è il caso di dirlo, con vitigni piantati e curati con i metodi originari dei pompeiani. Un progetto sperimentale nato nel 1994, nelle Regiones I e II, su un’area limitata degli scavi che aveva portato a una prima produzione di vino, proseguita per più anni. Il taglio delle uve nei vigneti della dimora del Triclinio Estivo e del Foro Boario, in autunno, è uno spettacolo unico.
La novità, nel futuro prossimo, è che grazie a un partenariato internazionale pubblico-privato, oltre all’ampliamento delle aree a vigneto si provvederà l’installazione di un impianto destinato alla produzione, imbottigliamento e affinamento, fino alla vendita all’interno del Parco archeologico.
Con il vino, ecco anche l’olio: gli olivi sono del resto, sin dalla notte dei tempi, un elemento tipico del paesaggio di Pompei. “Tutelarli e valorizzarli in modo sostenibile – spiega ancora Zuchtriegel – è fondamentale”. Di qui l’accordo di collaborazione tra Unaprol, l’Unione nazionale Produttori Olivicoli e Aprol Campania, che si sono impegnate a svolgere come sponsor tecnico del Parco Archeologico la manutenzione degli alberi esistenti nelle aree archeologiche e persino un corso di formazione ai produttori del territorio, alle imprese che si occupano della manutenzione del verde e allo stesso personale del Parco.
Il prossimo step? Un olio EVO made in Pompei, che sarà presentato prestissimo. Archeologia e sostenibilità, ma anche inclusione. Nel Parco la raccolta di melograni e mele cotogne coinvolge periodicamente i ragazzi del Centro Riabilitativo di Pompei: hanno disturbi dello spettro autistico e disabilità cognitive e per un anno – coordinati dai loro educatori e dai funzionari del Parco, grazie a un accordo quadro tra la cooperativa sociale Il Tulipano e il Parco archeologico – diventano a loro volta protagonisti delle attività agricole, facendo di Pompei “un laboratorio di esperienze alla portata di tutti e non un luogo della storia che appare distante”, chiosa ancora Zuchtriegel.
Ma uno dei progetti più interessanti per la “nuova” Pompei è senz’altro il programma di rimboschimento delle aree verdi a corona delle mura, partito la scorsa primavera e finalizzato ad ampliare la biodiversità degli oltre 50 ettari del patrimonio verde che guarda alla città antica. Entro il 2024 si prevede la a dimora più di 6.000 tra alberi e arbusti, a partire dal bosco di Porta Anfiteatro, che sta iniziando a prendere forma. Lecci, platani, tamerici, olmi e querce, cespugli di rose, corbezzoli, mirti e lentischi: un inno alla macchia mediterranea, con una varietà selezionata tra le specie già attestate in epoca romana, secondo le ricostruzioni di studi sulle componenti naturalistiche del paesaggio antico. Il tutto grazie alla sponsorizzazione tecnica e all’intesa con la società benefit Arbolia e al contributo di Sa.Gest, l’azienda global service tecnologica operante nei settori Oil & Gas, civile, industriale ed energetico e che ha realizzato e manutiene il moderno percorso integrato, visivo e sonoro “Una notte a Pompei”. E insomma le pecore sono solo le ultime arrivate, a Pompei. E si tratta di un ritorno. Corsi e ricorsi storici, la natura – a quanto pare – vuol riprendersi i suoi spazi.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-11-28 12:49:41 ,
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Il post dal titolo: La svolta green di Pompei: pecore per la cura del prato, ulivi e 6mila alberi in più scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-11-28 12:49:41 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue