Le ricostruzioni dei fatti antecedenti l’aggressione (non si può definirla altrimenti), finora parziali, sembrano infatti aver del tutto escluso la versione fornita in un primo momento dal sindacato di polizia Sulp. E cioè che la donna fosse stata intercettata di fronte a un istituto comprensivo mentre importunava studenti e genitori e poi pestata in una strada a venti minuti d’auto dal luogo del fermo. Una versione alla quale in un primo momento le autorità locali sembrano essersi sdraiate, per così dire, in attesa di ulteriori elementi. Così come si sono sdraiate le Community Notes, visto che la nota che accompagna il contenuto di Jebreal linka tre articoli per giunta in contrasto fra loro nei dettagli riportati (un quotidiano e un tg italiano e una piattaforma che si definisce “femminista e indipendente, pro-bambini” come Reduxx) e aggiunge la seguente ricostruzione: “Questo incidente è avvenuto a Milano, in Italia, il 24 maggio. La persona transgender bloccata dalla polizia era stato denunciata dopo aver esposto il suo pene a scolari e aver minacciato di infettare le persone con l’Hiv. Ha poi tentato violentemente di eludere l’arresto”. Tutto falso. Questa ricostruzione dei fatti non ha trovato finora riscontro in nessuna testimonianza. Se non vogliamo dire immondizia, diciamo almeno un’annotazione nella prima parte falsa e nella seconda non verificata.
Ogni tanto, d’altronde, ritorna. Torna la cocente illusione – figlia di un’epoca cresciuta d’altronde a pane, influencer e Wikipedia – che si possa fare tutto da soli. Quella deformazione dell’ormai deceduto citizen journalism piegata, per esempio nel caso di Twitter, in mero meccanismo di deresponsabilizzazione editoriale. O, per meglio dire, menefreghismo para-criminale. Un modo, cioè, per eliminare la moderazione dei contenuti, disimpegnarsi da un servizio collettivo di mitigazione dei danni e scaricare sugli stessi utenti un impossibile lavoro di verifica e contestualizzazione. Che a quanto pare, e non potrebbe essere altrimenti, fa acqua da tutte le parti fino a superare il grottesco. Per entrare a far parte di Community Notes basta infatti non aver accumulato violazioni delle regole di Twitter dallo scorso primo gennaio, essere iscritti da almeno 6 mesi e fornire un numero di telefono convalidato. Non proprio un curriculum da scuola di giornalismo della Columbia university.
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di Simone Cosimi www.wired.it 2023-05-26 10:47:27 ,