Sembra fantascienza, ma in realtà già da tempo gli scienziati stanno cercando tecniche sicure che permettano di indurre negli esseri umani quello che viene chiamato stato di “ibernazione”, o di “torpore sintetico”. Ma perché? Le applicazioni potrebbero essere molte, prima fra tutte pensiamo ai lunghi viaggi nello spazio: immaginate di poter rallentare il metabolismo del corpo umano al punto che gli astronauti possano svegliarsi dopo un “sonnellino” di qualche settimana, mese o anno senza essere invecchiati. Un team di ricercatori ha provato a indurre questa condizione nei topi e nei ratti stimolandone specifiche parti del cervello con gli ultrasuoni. Una tecnica decisamente meno invasiva degli approcci farmacologici che erano stati testati fino a questo momento, e per questo motivo potenzialmente molto interessante. Anche se, ovviamente, il suo trasferimento sugli esseri umani non è da considerarsi scontato né immediato. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Nature Metabolism.
L’esperimento
Per condurre gli studi sui topi e sui ratti, il team ha costruito un dispositivo indossabile attraverso il quale poter stimolare i neuroni di una particolare regione del cervello: l’area preottica dell’ipotalamo. Sempre attraverso studi condotti sui topi, l’ipotalamo era stato identificato già in passato come un’area di possibile interesse per indurre l’ibernazione. Nel caso del presente studio, i topi stimolati con gli ultrasuoni hanno mostrato un calo della temperatura corporea di circa 3°C, raggiungendo così temperature di poco inferiori ai 34°C, valore precedentemente individuato come critico per il raggiungimento del torpore naturale nei topi. Inoltre, il loro metabolismo è passato dall’utilizzo preferenziale dei carboidrati a quello dei grassi e la loro frequenza cardiaca è diminuita circa del 47%: tutte caratteristiche fondamentali dello stato di torpore, e che tra l’altro sono risultate “modulabili” attraverso la variazione della pressione acustica e della durata degli ultrasuoni. Una volta disattivati gli ultrasuoni, la temperatura corporea e gli altri parametri sono tornati ai valori normali. Nei ratti, che al contrario dei topi non possiedono uno stato fisiologico di torpore, la stessa procedura ha indotto invece un’abbassamento della temperatura di circa 1-2°C. Un risultato forse meno entusiasmante rispetto a quello ottenuto con i topi, ma, scrivono gli autori, che dimostra comunque la possibilità di applicare questa tecnologia, magari ottimizzandola ulteriormente, anche ad animali che non sono in grado di entrare in modo spontaneo nello stato di torpore.
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di Sara Carmignani www.wired.it 2023-05-26 14:03:04 ,