Anche le scene più cruente e sanguinose sono tenute fuori dallo schermo per la maggior parte del film. La paura, il disagio, l’affanno scaturiscono da agghiaccianti immagini di morte e di rituali satanici, da atmosfere soffocanti, dai cieli plumbei e incombenti, da un perturbante paesaggio sonoro. Perkins garantisce un’esperienza profondamente disturbante e sconcertante senza neanche indugiare sull’elemento gore, esplorando le insidie della malvagità con misura. Perkins ha scritto anche la sceneggiatura, disseminata di momenti scioccanti e di archetipi del genere, di culti satanici, di bambole possedute, di suore inquietanti. Non diremmo che come narratore, sia un innovatore, eppure è l’autore dell’horror/thriller più sorprendente e “nuovo” da un bel po’ di anni a questa parte. Di certo, è riuscito a rielaborare efficamenente le influenze da cui attinge: Il silenzio degli innocenti, X-Files, La zona morta sono solo alcuni.
Longlegs, prodigioso horror soprannaturale travestito da thriller, intenso e violento, è reso ancora più disturbante da sprazzi di umorismo sottile, nerissimo e asciutto. La tensione non si allenta mai per tutta la durata della pellicola grazie alla direzione magistrale di Perkins, stilista delle atmosfere claustrofobiche che riesce a infondere una grazia, un’eleganza impossibili alla sua rappresentazione del male più insensato. Il filmmaker non permette mai al pubblico di prendersi una pausa mentale dalla tensione e dal disagio: per questo Longlegs è più inquietante che spaventoso, per questo i suoi orrori ci seguono e ci restano addosso anche dopo la conclusione dell’esperienza in sala, mentre ci portiamo a casa il senso di soggezione soffocante del tocco del Male.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2024-10-31 05:30:00 ,