Oltre che sul green pass, le giravolte di opinione del nuovo governo guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni coinvolgono anche le trivelle nel mar Adriatico. Se fino al 2016 la destra aveva cavalcato l’onda contraria al rinnovo delle concessioni per estrarre gas e petrolio entro le 12 miglia dalla costa italiana, una volta raggiunto palazzo Chigi, Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno cambiato nettamente opinione.
Partendo dal programma della coalizione, per arrivare alle dichiarazioni di Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del made in Italy, fino alle parole della presidente Giorgia Meloni durante il suo intervento per la fiducia alla Camera, la destra ha chiarito la sua intenzione di voler sfruttare i giacimenti sottomarini di gas presenti in Italia. Mentre, ormai sei anni fa, i tre partiti di maggioranza si schierarono contro queste attività estrattive, chiedendo ad elettori ed elettrici di votare contro le trivelle.
Contro nel 2016
Il 17 aprile 2016, infatti, cittadine e cittadini sono stati chiamati alle urne per il referendum abrogativo sulle trivellazioni. L’elettorato doveva decidere se vietare, votando sì, il rinnovo delle concessioni per l’estrazione di gas e petrolio nei giacimenti esistenti entro le 12 miglia (circa 19 chilometri) dalle coste italiane. I sì, cioè i favorevoli al divieto, raggiunsero circa l’86% dei voti, ma il referendum non è stato considerato valido per il mancato raggiungimento del quorum. Si recarono al voto, infatti, solo il 31,2% degli aventi diritto, mancando la soglia del 50% di circa 20 punti.
In quell’occasione, Silvio Berlusconi ha preferito non andare a votare, anche se la linea di Forza Italia era di votare sì. Sul fronte leghista, invece, Matteo Salvini si era esposto con più decisione, affermando che, almeno secondo il Salvini del 2016, “la nostra ricchezza è il nostro paesaggio, l’agricoltura, il turismo, il mare, la pesca e non qualche buco nell’acqua”. Salvini, all’epoca ancora molto amante delle scritte sulle felpe, aveva rimarcato la sua posizione indossando, appunto, una felpa con scritto “stop trivelle, vota sì”.
Stesso appello aveva lanciato anche Giorgia Meloni, annunciando il suo voto favorevole al divieto sui social, scrivendo di essere intenzionata a votare sì per non fare “passare sotto traccia un referendum molto importante per la qualità del nostro ambiente e la difesa del nostro mare”. Aggiungendo poi che “non andare a votare, come invita a fare Renzi” allora presidente del Consiglio “sarebbe un aiuto ad alcune grandi lobby che sono legate a questo governo”.
A favore del 2022
È oggi legittimo chiedersi se quelle “grandi lobby”, una volta abbandonato Matteo Renzi, si siano invece legate all’attuale governo, che, nel suo programma, ha promesso la “il pieno utilizzo delle risorse nazionali, anche attraverso la riattivazione e nuova realizzazione di pozzi di gas naturale”. Intenzione poi riaffermata dal ministro Urso, che ha dichiarato di voler “aumentare la produzione energetica nazionale, con tutte le tecnologie disponibili, a cominciare dalle rinnovabili, senza alcuna preclusione e tabù”, per poi citare direttamente le “trivellazioni nel mar Adriatico centrale”, al fine di soddisfare il nostro fabbisogno di gas.
Infine, è stata la stessa Meloni a mettere le trivellazioni tra le dichiarazioni programmatiche del suo primo discorso alla Camera, in occasione del voto di fiducia del 25 ottobre. La presidente del Consiglio ha usato toni ancora più imperativi e categorici rispetto al programma di coalizione e alle parole di Urso, affermando come “i nostri mari hanno giacimenti di gas che abbiamo il dovere di sfruttare a pieno”.
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di Kevin Carboni www.wired.it 2022-10-25 15:42:59 ,