Il timore è quello di un ricatto. Nella delicata questione della missione anti Covid che nel 2020 motivò l’arrivo di una delegazione russa in Italia molte cose Proseguono a non tornare. Il Copasir ha avviato un’indagine ascoltando, tra gli altri, il sottosegretario Franco Gabrielli e i vertici dei servizi segreti. Le minacce e gli avvertimenti che le autorità russe Proseguono a rivolgere all’Italia Paese vengono ritenute la conferma che in realtà quella missione servisse a captare informazioni riservate. Troppo esiguo l’aiuto arrivato da Mosca: le mail trasmesse in quei giorni rivelano che i russi consegnarono «521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1.000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10.000 tamponi veloci e 100.000 tamponi normali».
La missione concordata da Vladimir Putin e dall’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte prevedeva materiale utile a fronteggiare neanche le esigenze di una giornata di lotta al virus. Con un costo per l’Italia di oltre 3 milioni di euro per garantire vitto, alloggio, rimborso carburante e altre voci. L’ipotesi più temuta emersa dalle indagini è che la spedizione russa a Roma sia servita per raccogliere informazioni. Dati sensibili e altre notizie che ora, con l’Italia schierata al fianco dell’Ucraina, si teme possano essere utilizzate per ritorsione. In maniera particolare preoccupa il riferimento dell’ultima minaccia russa alla «moralità di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche» come a far capire che le notizie riservate possano riguardare anche la sfera privata.
La nuova minaccia di Mosca
Negli ultimi due mesi le minacce di ritorsioni da parte della Russia sono arrivate per ben due volte. Lo scorso 21 marzo, Alexei Vladimorovic Paramonov, ex console russo a Milano, direttore del dipartimento europeo del ministero degli Esteri, aveva parlato di «conseguenze irreversibili» se il nostro Paese avesse aderito al nuovo piano di sanzioni contro Mosca, accusando l’Italia di «ingratitudine» dopo gli aiuti per il Covid. Poche ora fa a ritornare sulla questione è stato lo stesso ministero degli Esteri di Mosca, Sergej Lavrov.
La nota diffusa spiega che «il tentativo dei media italiani di dipingere la missione russa anti-Covid in Italia nel 2020 come un’operazione di spionaggio danneggia le relazioni tra Mosca e Roma». E continua: «Le nostre controparti italiane hanno la memoria corta. Una linea di comportamento così servile e miope non solo danneggia le nostre relazioni bilaterali, ma dimostra anche la moralità di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche e dei media italiani». Il documento non è firmato dal ministro. Un particolare che secondo gli analisti attribuirebbe la nota direttamente al presidente Putin.
«Volevano entrare negli uffici pubblici italiani»
Le carte riguardanti la missione di Mosca in Italia dimostrano che l’intenzione dei russi fosse quella di «sanificare l’intero territorio italiano entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi a rischio». Un intento dichiarato dal generale Sergey Kikot, il vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo, in un colloquio avvenuto subito dopo l’arrivo in Italia con il generale Luciano Portolano, all’epoca comandante del Coi, il Comando operativo interforze, e i vertici del Comitato tecnico Scientifico, Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano. I militari e i medici russi arrivati in Italia per aiutare durante l’emergenza Coronavirus «sostenevano di avere un mandato preciso, ovvero di bonificare le strutture pubbliche», ha confermato lo stesso Miozzo lo scorso 23 marzo.
«Questo è quello che disse Kikot e posso immaginare a che cosa si riferisse, ma noi abbiamo tenuto il punto». E ancora: «Ci avevano offerto collaborazione per la sanificazione degli ambienti ma noi del Cts non abbiamo mai avuto alcuna lista con i nominativi dei medici e infermieri partecipanti alla missione russa né abbiamo potuto conoscere o valutare i profili professionali e scientifici di questi esperti».
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Scritto da Redazione perwww.open.online il 2022-06-04 07:11:45 ,