Naufragio di Cutro, le domande ancora senza risposta a un mese dalla strage

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Novanta vittime recuperate (31 erano bambini), ancora dieci dispersi (o forse anche di più) e la domanda delle domande rimasta senza risposta:

Perché la notte tra il 25 e il 26 febbraio la Guardia costiera ha deciso di non fare uscire le sue motovedette alla ricerca del caicco segnalato da Frontex e poi naufragato a Cutro?

Ad un mese dalla tragedia, la posizione del governo: “È stato fatto tutto quello che andava fatto” mostra tutte le sue falle alla luce dei documenti acquisiti dalla Procura di Crotone che sta indagando anche per ricostruire la catena di comando che, quella notte, da Roma alla Calabria, ha deciso che dovesse scattare un’operazione di polizia e non di soccorso. E gli interrogativi ancora senza risposta sia nelle informative al Parlamento fatte prima dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e poi dalla premier Giorgia Meloni, sia nelle concise spiegazioni dei vertici della Guardia costiera, sono tanti. Troppi. E girano attorno ad una parola, “migranti”, omessa da tutti gli attori di questa vicenda, fino a quando un appunto scritto a mano, il brogliaccio delle operazioni della sala operativa della Guardia di finanza in Calabria, non ha confermato quello che era ovvio sin dall’inizio: e cioè che in quella barca avvistata dall’aereo di Frontex non potevano che esserci migranti a bordo e, come tale, andava immediatamente soccorsa. Le domande, dunque.

Quando è arrivata la segnalazione di Frontex, alla sala operativa della Guardia costiera a Roma chi pensavano ci fosse a bordo?

Riavvolgiamo il nastro. Alle 22.26 di sabato 25 febbraio un dispaccio Frontex segnala e fotografa un’imbarcazione a 40 miglia a sud delle coste calabresi, specificando che si vede una sola persona sul ponte ma che le rilevazioni termiche segnalano la presenza di molte altre persone sottocoperta. Viene rilevata anche una telefonata con un satellitare verso la Turchia. La barca, priva di dotazioni di sicurezza, naviga senza apparenti problemi. Indizi evidenti, lo sottolineerà poi anche il direttore di Frontex, per definire l’imbarcazione sospetta e per ipotizzare la presenza di migranti a bordo. Visto anche che si tratta della rotta turca. Ma a Roma, alla sala operativa della Guardia costiera, da cui dipende l’apertura di un evento Sar di ricerca e soccorso, gli ufficiali di turno non fanno questa ipotesi. Come si legge nella relazione di servizio poi presentata in procura, in quello che pure viene catalogato come “evento immigrazione 533 del 25 febbraio”, “non si evidenziano elementi riconducibili al fenomeno migratorio”. Se non migranti chi, dunque? E perché mai sarebbe stata catalogata come sospetta se non per un probabile traffico di persone? La Guardia costiera non risponde.

Come mai la sala operativa della Guardia costiera di Roma, che la sera prima e poi al mattino del sabato aveva aperto un evento Sar diramando a tutte le navi in transito la segnalazione di una barca da soccorere ricevuta da una stazione radio, non mette in relazione l’avvistamento del caicco con l’imbarcazione da ricercare?

Anche qui nessuna risposta. Eppure sarebbe stato ovvio: la sera del venerdì e poi ancora la mattina del sabato, Mrcc Roma dirama un mayday a tutte le navi in transito chiedendo di prestare attenzione e segnalare un’imbarcazione in difficoltà nello Ionio: non c’è alcun dettaglio né coordinate, eppure viene aperto un evento Sar. Come mai, la sera del sabato, quando arriva il dispaccio Frontex nessuno ipotizza che possa trattarsi della stessa imbarcazione? Cosa che, ovviamente, avrebbe dovuto far scattare l’operazione di soccorso.

Perché la Guardia costiera ignora la prima comunicazione della sala operativa della Guardia di finanza dove l’ufficiale di turno che riceve il dispaccio di Frontex annota che si tratta di “natante con migranti”?

Non è dato sapere. Anche la ricostruzione cronologica della Guardia costiera riporta la comunicazione ricevuta alle 23.20 di sabato sera dalla Guardia di finanza con la “probabile presenza di migranti a bordo”, ma nessuno spiega perché non scatta quella che, in questi casi, è la prassi prevista dal Piano Sar 2020 che prescrive che, anche solo in caso di incertezza sulle condizioni di un natante, debba scattare l’operazione di soccorso.

Come è possibile che, neanche alle 3.40 del mattino di domenica, quando la Guardia di finanza comunica il rientro dei suoi mezzi per le condizioni meteo proibitive, la capitaneria di porto continui a far rimanere ferme le sue motovedette?

Nessuna spiegazione da parte della Guardia costiera che, alla telefonata della Finanza alle 3.40, risponde che non ritiene di far uscire le motovedette “in assenza di una richiesta di soccorso, senza la certezza della presenza di immigrati a bordo” e in considerazione del fatto che il barcone era stato descritto in buone condizioni di navigabilità. E questo nonostante il mare sia proibitivo pure per mezzi così performanti come quelli della Guardia di finanza.

Ma allora la Guardia costiera avvia un’operazione di soccorso solo in presenza di un Sos o di un’emergenza accertata?

La prassi fin qui seguita dalla Guardia costiera, il piano Sar e le disposizioni di legge dicono l’opposto. La Guardia costiera non ha mai spiegato se i criteri di valutazione seguiti quella sera fanno parte delle cosiddette regole di ingaggio e da chi sono stati stabiliti

Perché non sono stati neanche predisposti in tempo reale i soccorsi a terra?

Dalle testimonianze dei superstiti ma anche da quelle dei pescatori e dalle stesse relazioni di servizio delle forze dell’ordine si evince che dal naufragio all’arrivo delle prime pattuglie e motovedette di Guardia di finanza e Guardia costiera, che pure avevano interloquito tutta la notte, è passata più di un’ora e mezza. Nessuna spiegazione sul perché di tempi così lunghi che potrebbero anche aver provocato la morte per ipotermia di alcune vittime.

C’è stato un centro decisionale a Roma che quella notte ha disposto che sulla scorta della segnalazione di Frontex partisse un’operazione di polizia e non di soccorso?

Dal governo non è arrivata alcuna spiegazione sulla catena di comando a cui far risalire le decisioni di quella notte. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha riferito in Parlamento, non ne ha parlato e il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini, da cui pure dipende la Guardia costiera, non è mai intervenuto a dare spiegazioni. Così come il comandante generale della Guardia costiera Nicola Carlone.  



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-03-25 19:25:30 ,www.repubblica.it

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