Si dice che Matteo Salvini non demorda, che il suo obbiettivo resti il ritorno al Viminale. E questo Proseguono a ripetere più o meno i leghisti vicini al segretario anche in queste ultime ore. Eppure l’ipotesi del bis al ministero dell’interno è praticamente impercorribile e il primo a saperlo è proprio Salvini.
L’ostacolo del processo in corso
Senza tirare in ballo ricostruzioni che indicano nella passata vicinanza con Vladimir Putin l’ostacolo a ricoprire il bis in un ministero “sensibile”, è il processo per sequestro di persona a carico del leader della Lega il muro invalicabile che gli sbarra la strada all’Interno: impensabile che il capo dello Stato possa accettare la proposta di nomina.
Quanto conta la trattativa
La domanda dunque da porsi è perché Salvini insista o meglio faccia insistere i suoi a candidarlo per il Viminale. Certamente per alzare l’asticella, per sedersi al tavolo della trattativa con Giorgia Meloni e gli alleati del centrodestra partendo dalla premessa di dover essere ricompensato per la rinuncia a rientrare al dicastero in cima alle sue preferenze da sempre. Questo aspetto sicuramente c’è ma forse non è il solo.
La coda della campagna elettorale
Questa insistenza punta anche a mettere in difficoltà Meloni, ad attribuirle la responsabilità di questo “no” per soggiacere a veti posti altrove, a minarne insomma l’immagine di premier autonomo prima ancora che riceva l’incarico dal Capo dello Stato. Del resto anche le ripetute richieste di procedere allo scostamento di bilancio per attenuare il caro energia sulle bollette vanno un po’ nella stessa direzione. È come se Salvini stesse ancora in campagna elettorale e dicesse: ecco io vorrei garantirvi sicurezza in città, frontiere chiuse agli immigrati e sconti sulle bollette ma lei invece si mette di traverso. Le elezioni però ci sono già state e il verdetto elettorale per la Lega è stato una sonora bocciatura.