Neanche il tempo di mettere a bilancio costi aggiuntivi per Piracy Shield, la piattaforma nazionale antipirateria, che subito l’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) ha messo mano al portafoglio. Il 23 ottobre ottobre, come raccontato per primo da Wired, il consiglio dell’ente approva una variazione di bilancio per garantirsi 256mila euro con cui coprire maggiori costi del cloud. Soprattutto per assicurare continuità ai servizi di Piracy Shield, il cui incremento non era stato previsto dai piani alti dell’Agcom.
Quarantotto ore dopo viene protocollata un’autorizzazione di spesa. Dalla quale emerge che Microsoft è il fornitore principale dei servizi informatici dell’Autorità, attraverso il cappello di un contratto di rivendita affidato a Telecom e attivo fino al 31 marzo 2026. Tuttavia, l’accordo non copre Azure, il cloud del colosso di Redmond. Per acquistarlo, Agcom si è rivolta sempre all’ex monopolista di stato con un affidamento diretto, “applicando un listino a consumo”. Mentre gli uffici lavorano alla fase 2 di Piracy Shield, la re-ingegnerizzazione della piattaforma attraverso i bandi Consip, la stazione acquisti della pubblica governo, come anticipato da Wired. Mettendo alla porta Sp Tech, società digitale dello studio legale Previti che ha sviluppato la tecnologia anti-pirateria donata all’Agcom dalla Lega Serie A. E affidandosi al raggruppamento di imprese composto dalla società di consulenza Accenture e dai gruppi informatici Ibm, Enterprise services, Capgemini, Ntt Data e Almaviva.
Il nuovo ordine cloud
Ma andiamo con ordine e torniamo ai costi della nuvola. Inizialmente, Azure doveva compensare il fabbisogno di storage che superava le capacità del data center dell’Autorità. Nel tempo, tuttavia, il combinato disposto “della crescita della dimensione dei file di backup superiore alle previsioni e dell’utilizzo dei servizi cloud Azure per ospitare i sistemi Piracy Shield (Live Blocking), Roc [il registro degli operatori delle comunicazioni, ndr] e contributo (back office) nonché il nuovo portale delle segnalazioni”, come si legge nella missiva, ha messo Agcom davanti alla necessità di comprare nuovo spazio in cloud. “Risulta pertanto necessario e non rinviabile dare corso all’ampliamento sopra citato dei servizi Azure acquisiti per assicurare la fruibilità e l’operatività dei servizi dell’Autorità ospitati”, si legge nella richiesta.
L’ordine equivale a 1.376 unità, per un costo singolo di 100,98 euro (un tipo di formulazione per indicare i “gettoni” di acquisto dei servizi di Microsoft), per un ordine complessivo di 138.948,48 euro, Iva esclusa. Aggiungendo le imposte, Agcom dovrà snocciolare 169.517,15 euro. Per un servizio che diventerà operativo dal primo dicembre, potrà essere adoperato entro 16 mesi dalla firma ed è a consumo: si paga per ogni connessione, anche quando i fornitori di rete che devono assicurarsi che su Piracy Shield non ci siano nuovi ticket di siti da bloccare entro mezz’ora si collegano al sito.
Nei piani a lungo termine dell’Autorità, deve essere una soluzione ponte. A tendere, infatti, l’ente vuole migrare questi servizi sul Polo strategico nazionale, l’infrastruttura cloud di Stato, dove ha già appoggiato le prime attività. Questi, però, sono i desiderata. Come si legge nell’ordine di acquisto, “le operazioni di migrazione ancora in atto non permettono allo Scrivente di pianificare nel breve termine la migrazione nel Psn di tali servizi, che invece richiedono un rapido accesso all’utilizzo di servizi cloud Azure”. Il 31 ottobre l’acquisto viene deliberato.
Cosa dice il presidente di Agcom
Audito in Commissione cultura della Camera dei deputati il 12 novembre, il presidente di Agcom, Giacomo Lasorella, ha difeso a spada tratta la piattaforma nazionale anti-pirateria, che l’ente ha ricevuto in dono nel 2023 e che funziona come un sistema di smistamento ticket. I segnalatori autorizzati, ossia i detentori dei diritti sportivi (come Lega Serie A, Mediaset, Sky e Dazn) possono caricare su Piracy Shield gli indirizzi Ip delle trasmissioni pirata. I fornitori di servizi internet (Isp), collegati alla piattaforma, hanno 30 minuti per eseguire il blocco, effettuato in automatico data l’alta mole di risorse segnalate. Lasorella ha dichiarato che dall’spunto il primo febbraio 2024, Piracy Shield ha bloccato 7mila indirizzi Ip e 26mila Fqdn (fully qualified domain name, che indica in maniera univoca una risorsa online), ma non ha specificato quanti fossero davvero implicati nelle trasmissioni illegali contro cui è stata imbastita la tecnologia.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2024-11-13 12:04:00 ,