Buona pare dei doppiatori giapponesi sono quelli originali (in italiano no, ma non abbiamo ancora provato ad ascoltare la versione doppiata). La storia si sviluppa su uno spunto narrativo assurdamente gender-bending: un ragazzo e suo padre, esperti di kung fu, dopo essere caduti nelle sorgenti maledette cinesi di Jusenkyo, scoprono che a contatto con l’acqua fredda si trasformano rispettivamente in una ragazza e in un panda. Per tornare al proprio aspetto devono immergersi in acqua calda, una condizione che scatena situazione imbarazzanti e di attrito tra il primo e la sua promessa sposa, Akane. Ecco le prime osservazioni. Partiamo con ordine: la nuova sigla. Era pressoché impossibile per Kyokon-kyun di Ano competere con la canzone originale dei titoli in testa, una delle più conosciute e amate di sempre. Tuttavia, i riferimenti visivi all’originale sono piacevoli, i primi di tanti altri disseminati nel primo episodio. Altro sermone per la track dei titoli di coda, Anta Nante di Riria, dolcissimi, teneri e retrò.
La nuova grafica è superiore all’originale – non che ci volesse molto, l’anime di Studio Deen non era un capolavoro –, è pittoresca, moderna, accattivante. La storia è tutt’ora ambientata negli anni ‘80 e l’ambientazione è pertinente, conferendo all’atmosfera un che di nostalgico. Che Ranma ½ sia firmato da Studio Mappa di Jujutsu Kaisen si può intuire dalla sequenza di lotta tra Ranma ragazza e Genma Panda a metà episodio, velocissima, ipercinetica, ed energica. L’animazione non riproduce gli schemi di colore originali: la palette è più tenue e delicata – da pop art; il panorama di di Tokyo, reso con un effetto acquerello, è meraviglioso, ma alcuni aspetti sollevano qualche perplessità. Durante l’intera sequenza del duello menzionato viene adottato un filtro di colori innaturali davvero strano. Tuttavia, la scelta che esercito davvero è la “barbificazione” – già adottata da Mappa in Hell’s Paradise – che rimuove i capezzoli ai personaggi. I fondischiena sono stati addirittura dotati di una “monochiappa”. Ce ne faremo una ragione – non vorremmo mai che il pubblico dei più piccoli venga a sapere dell’esistenza dei capezzoli da un cartone (è una battuta).
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di Lorenza Negri www.wired.it 2024-10-07 14:00:00 ,