Cinque ragioni per essere ottimisti e tre motivi per essere preoccupati nell’emergenza Coronavirus. Li riassume oggi il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in un’intervista rilasciata al Correre della Sera. Nella quale in primo luogo ricorda la fine che fece l’influenza russa scoppiata a San Pietroburgo nel 1889: «L’infezione provocava una polmonite severa e uccideva soprattutto gli anziani. Pur senza vaccini e farmaci a contrastarlo, il virus è rimasto aggressivo per alcuni anni (e tre ondate) per poi “spegnersi”. Le autorità sanitarie raccomandavano ventilazione e disinfezione degli ambienti, distanziamento, isolamento degli infetti. Il confronto con Sars-CoV-2 è impressionante».
Ma, avverte il professore, anche se il finale della storia fosse simile, non avverrà domani. Poi c’è la discesa dei casi, che «dovrebbe cominciare a metà aprile per poi proseguire fino a luglio, anche grazie alla bella stagione». Tra giugno e agosto si prevedono zero casi. Ci sono poi altri tre elementi a nostro favore: «Il primo è che la gente è quasi completamente infettata o vaccinata e quindi esiste un’immunità diffusa che ci consente di affrontare eventuali nuove mutazioni con una base protettiva che non avevamo nel 2020. Il secondo è che Omicron, nonostante l’elevatissima capacità di diffusione, tende a localizzarsi generalmente nella parte alta delle vie respiratorie, risparmiando bronchi e polmoni. Infine, questione fondamentale, oggi abbiamo non solo i vaccini, ma anche antivirali e anticorpi monoclonali».
Ma per Remuzzi ci sono anche tre motivi di preoccupazione: «In primo luogo quello che sta accadendo a Hong Kong: un’ondata pesantissima che dimostra in modo inequivocabile come Omicron non sia poco pericolosa in una gente, soprattutto anziana, poco vaccinata. Solo il ciclo completo con tre dosi ci può proteggere da questa e altre varianti. In Italia abbiamo un milione e 200 mila over 70 che non hanno completato il ciclo vaccinale: un grosso serbatoio di circolazione per il virus». Poi c’è la variante Xe, che «sta prendendo piede in Inghilterra (dove l’attività di sequenziamento è molto intensa) e ci aspettiamo che possa essere già presente anche in Italia». Infine, c’è il problema degli ospedali: «Tra il 5 e il 10% dei pazienti guariti da Covid presenta sequele di vario genere, una condizione erroneamente definita “Long Covid”: abbiamo quindi una platea di persone che non sono né malate né sane e che peseranno nei prossimi anni sul sistema sanitario».
Leggi anche:
Source link
Scritto da Redazione perwww.open.online il 2022-04-06 05:21:03 ,