Nata da un’idea dell’astronauta Roberto Vittori, Evolunar, fondata e guidata dal giovane Giuseppe Bortolato, progetta quelli che definisce “droni lunari”. Nata nel 2020 come progetto accademico, è diventata azienda nel 2022. “Ci occupiamo di esplorazione di fosse lunari, per valutare la possibilità di accesso alle cosiddette caverne sul satellite, che potrebbero diventare fondamentali per pensare a una permanenza” dice a Wired. Le escursioni termiche, spiega, sono ampie, ma anche le radiazioni rappresentano un problema. Il mezzo si muove senza eliche, con dei propulsori montati sotto. “Le foto dall’alto non consentono di valutare la possibilità di accedere alle caverne: è necessario trovarsi sul suolo per una stima esatta. Ma il nostro drone può vendere anche per le consegne di ultimo miglio, perché, data la particolarità del terreno, i materiali spediti sulla Luna atterrano solo in poche zone, e devono quindi essere distribuiti con veicoli più piccoli”. Logistica spaziale e terrestre si somigliano.
A Genova, invece, si studia il modo per portare in orbita piante per esperimenti, e, chissà, anche per nutrire gli astronauti delle future stazioni. Lo spiega Patrizia Bagnerini, socia ideatrice e docente di matematica applicata al Dime dell’Università del capoluogo ligure. “Abbiamo ideato una serra per far crescere e sperimentare coltivazioni in orbita” dice, “adatta alle piccole dimensioni dei veicoli spaziali e in grado di modulare i ripiani in altezza per rispondere alle esigenze di coltivazioni non coeve”. La professoressa Bagnerini, del resto, è convinta che la capacità di mostrare agli studenti l’utilità pratica di funzioni e integrali sia uno stimolo insostituibile all’apprendimento della matematica, così necessario: “Oggi, fortunatamente, la didattica è cambiata anche a livello universitario e, d’altra parte, la nostra mente è formata per imparare a partire dall’esperienza. La capacità di astratte è fondamentale, ma arriva dopo”.
Miles Beyond organizza corsi di formazione che insegnano agli astronauti a sopravvivere in condizioni estreme, oltre alle basi fondamentali della geologia planetaria. AlcaSpace costruisce camere di simulazione spaziale per testare a terra i componenti che finiranno in orbita.
A Lomazzo, nel territorio di Como, c’è Leaf Space, che offre servizi di connettività satellitare tramite una rete di ventisette stazioni a terra. Il problema considerato è la riduzione della latenza. Aiko invece, con sede a Torino, impiega l’intelligenza artificiale per automatizzare le operazioni di bordo. Analisi telemetriche, gestione payload, manutenzione predittiva: soluzioni, spiega l’azienda, in grado di ridurre i costi a terra.
Sempre nel Comasco ha sede D-Orbit. In questo caso, come si diceva all’inizio, parlare di startup è inappropriato. Durante la Iac è arrivato l’annuncio che la società di Fino Mornasco, attiva nella logistica spaziale, si è aggiudicata un contratto da 120 milioni di euro. L’assegno sarà staccato dall’Agenzia spaziale europea (Esa) per – semplifichiamo – allungare la vita dei satelliti arrivati a fine corsa riposizionandoli. Nei mesi scorsi ha chiuso un round da 150 milioni di euro guidato da Marubeni corporation, colosso industriale giapponese: tra i più grandi dell’anno nel settore.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2024-11-06 05:50:00 ,