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Anche se nell’immaginario del pubblico, il concetto di digital health rimanda tout court alle prestazioni erogate attraverso la telemedicina, il quadro è in realtà molto più complesso e fa riferimento, nel caso di terapie digitali (DTX) e strumenti di digital care (DC), a tecnologie che seguono il paziente e forniscono indicazioni e strategie di comportamento o a piattaforme virtuali che aiutano a gestire condizioni patologiche, integrabili quindi con altre tipologie di interventi terapeutici più canonici.
Si tratta quindi di interventi terapeutici che, grazie ad algoritmi e software, presentano di fatto un altro tipo di principio attivi. L’utilizzo di una dtx consente di trattare malattie come quelle psichiatriche, neurologiche mentre gli strumenti di digital care possono fare la differenza per patologie che si cronicizzano, come il diabete.
Lo scenario delle cure sta cambiando grazie alla tecnologia e, come confermavano anche i dati del Digital Health Trends 2021 di Iqvia, le terapie digitali e gli strumenti di digital care continuano a crescere e sono attualmente 250 i prodotti identificati in questo segmento, di cui 150 già approdati al mercato. Proprio come altre opzioni di cura, anche queste innovazioni affrontano, per arrivare al paziente, un percorso in più tappe che annovera la sperimentazione, la regolamentazione e l’adozione da parte degli enti preposti.
Il quadro organizzativo e regolatorio quindi è molto importante ai fini di una piena valorizzazione delle terapie digitali e degli strumenti di digital care. Se la digital health è tra noi, il contesto italiano è allineato al cambiamento? La domanda era al centro dell’incontro organizzato da Fondazione Lilly dal titolo “Digital Health è il presente – il sistema è pronto”?
Al fine di fornire un contributo agli enti regolatori e alle istituzioni per integrare e valorizzare le terapie digitali e gli strumenti di digital care tra le opzioni terapeutiche disponibili, la Fondazione ha annunciato l’avvio di uno studio con gli esperti del settore. L’obiettivo dichiarato è anche quello di “fornire input su possibili nuovi modelli organizzativi di presa in carico di pazienti cronici e di innovative procedure di valutazione”.
Proprio come su altri fronti, essere in ritardo nell’adozione di queste innovazioni rischia di creare un danno importante ai diversi attori del sistema sanitario, oltre a incidere sulla mancata sostenibiità del sistema. A pagare il prezzo dei ritardi, però, non sono solo i pazienti. Come sottolineato infatti da Andrea Lenzi, presidente del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnlogie e le scienze della vita della presidenza del Consiglio dei ministri, “anche per i ricercatori clinici, le Dtx e le Dc rappresentano un’opportunità per rimodellare il futuro degli studi clinici, permettendo la raccolta di dati in tempo reale in larga scala e facilmente convidivisibili. Inoltre le terapie digitali offrono maggiori benefici distibutivi rispetto ad altri servizi sanitari e sono pronte ad aiutare un sistema sovraccaricato”.
Uno dei grandi temi, che lo stesso incontro organizzato da Fondazione Lilly ha messo al centro, è la necessità di concepire adeguati percorsi norrmativi per favorire un pieno accesso a queste innovazioni, sul fronte dell’erogazione delle cure e della sua sostenibilità per il Ssn.
Il convegno di Fondazione Lilly ha discusso il tema anche in riferimento allo status quo negli altri paesi, al contesto normativo continentale (dal 26 maggio 2021 è applicabile il Regolamento Ue 2017/745 che modifica le norme che disciplinano il sistema dei dispositivi medici, categoria in cui rientrano dc e dtx nel nostro paese) e agli orizzonti che si aprono in virtù della Strategia farmaceutica per l’Europa che rimarca come la digital health sia parte sempre più integrante di un panoramadi opzioni terapeutiche onnicomprensive esia fondamentale anche per un approccio personalizzato alla cura.
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www.wired.it
2021-11-18 09:30:00