Il mondo dei videogiochi, insomma, non ha più bisogno dell’E3 come un tempo. I grandi annunci e i nuovi trailer sono ormai associati a eventi come i Game Awards e il Summer Game Fest. L’E3 non è più rilevante da quasi cinque anni.
Ho iniziato a occuparmi dell’industria dei videogiochi nel 2012 e ho partecipato al mio primo E3 l’anno successivo, quando la fiera era ancora l’appuntamento più importante del settore videoludico. In occasione dell’ultima edizione dal vivo, nel 2019, sotto molti punti di vista l’E3 era sembrato ridimensionato come mai prima di allora (punti fermi come Sony, per esempio, non erano presenti). Lo sfarzo che aveva contribuito a caratterizzare la fiera era però ancora a pieno regime. Epic aveva costruito uno stand a tema Fortnite immerso nelle luci al neon e organizzato un’enorme festa con attori nei panni dei personaggi del gioco. Nintendo aveva realizzato uno stadio ispirato ai Pokémon; altri, come Ubisoft, Xbox e Square Enix, avevano eretto statue e ricreato ambientazioni prese dai loro titoli.
Alcuni anni prima avevo attraversato ricostruzioni delle case di Resident Evil. Gli stand della convention, elaborati quanto set cinematografici, davano vita alla New Orleans di Mafia III e alla Hyrule di The Legend of Zelda: Breath of the Wild. Ma questi sforzi, pensati per attirare i potenziali giocatori, erano spesso totalmente inutili. Giochi come Breath of the Wild non hanno bisogno di una statua gigante con le fattezze di Link: per spingervi a entrare nel loro mondo, basta la loro reputazione.
L’E3 non tornerà più. Per chi ha partecipato di persona alla fiera la notizia rappresenta un duro colpo, che segna la scomparsa di un evento fondamentale a metà tra un’occasione di networking e un’opportunità di marketing. Per tutti gli altri, però, era diventato semplicemente uno dei tanti eventi da guardare in streaming.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.
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di Megan Farokhmanesh www.wired.it 2023-12-13 14:28:35 ,