Il gioco è la metafora dell’esperienza digitale: Alessandro Baricco l’ha usata anche per intitolare il bestseller The Game che racconta l’avvento della terza rivoluzione industriale. E il mondo aziendale sperimenta il suo linguaggio ludico per rendere semplice – e soprattutto divertente – l’esperienza di avvicinamento, impiego, promozione, spiegazione di un prodotto o un servizio. In una parola, advergame: videogiochi personalizzati per diffondere campagne promozionali, formare il personale, integrare programmi educativi, usati da giganti come Redbull, Lego, Coca-Cola, Google, Lavazza e Budweiser. Quest’ultima pare sia stata la prima azienda al mondo a produrre negli anni Novanta un advergame negli Stati Uniti. “È stata la diffusione dei nuovi smartphone usati oggi dal 61% dei gamers italiani a decretare il successo dei giochi online, alla portata di tutti e in ogni momento”, spiega Biagio Iannuzzi, amministratore delegato di Code This Lab.
Sempre più noti all’estero, sono oggi strumenti in espansione anche in Italia vista la passione della gen Z per questi tools, lo sviluppo dell’interazione tra homo videns e mondo digitale e le prospettive di crescita che questi due aspetti avranno con il metaverso. Non chiamateli, insomma, hobby. “Ogni volta che qualcuno dice ‘Ah, voi fate i giochini!’ un game developer dall’altra parte del mondo perde una delle sue tre vite”, ironizza Iannuzzi. Scherzi a parte, questa tipologia di giochi corporate è invece un nuovo “1-up” conquistato dal mondo del gaming online.
Cosa sono gli advergame
“La parola advergame nasce dall’unione di due parole: advertising più game, ossia pubblicità e gioco”, segue Iannuzzi. Il marchio che sceglie di raccontarsi attraverso il gioco sperimenta un nuovo approccio comunicativo: “Non si tratta più di arrivare al pubblico in ogni modo, ma di farlo in maniera sana. Il messaggio non è più unidirezionale, invadente e non richiesto. Ma è un’esperienza consapevole: così la game experience si trasforma in brand experience”. Esistono tre tipologie di advergame:
Sempre più richiesti i game per ragazzi (6/12 anni) in funzione di edutainment. “Ma quelli che vanno per la maggiore sono i vecchi arcade quindi Pac-man, Tetris, Super Mario e Out Run”. Oggi in Italia per creare un advergame di base si possono spendere dai 2 ai 10mila euro, con tempi diversi di sviluppo. Ecco i principali player italiani intervistati da Wired durante l’edizione milanese di Smau, appuntamento di riferimento in Italia sull’innovazione e le startup.
Code This Lab, i pionieri del settore
In Italia gli advergames appaiono nei primi anni 2000 con l’avvento di Macromedia Flash, un software per la creazione di videogiochi. “Prima di creare Code This Lab con il mio socio Mauro Banchieri, ho lavorato per altre aziende di videogames. Ma avevo bisogno di più autonomia per realizzare ciò che vedevo in futuro: i Casual game al centro delle strategie comunicative dei marchi più autorevoli – spiega Iannuzzi -. Così nel 2009 iniziammo a sviluppare videogiochi, soprattutto per il mercato estero. Un momento in cui il videogioco era un punto d’incontro tra due generazioni chiave, quella analogica degli anni Novanta e quella che parla digitale. I videogame appartengono ad entrambe”.
Oggi l’azienda con base a Napoli ha un portfolio ricco di clienti come Tod’s o Wwf. “Non siamo stati i primi ma oggi siamo i più forniti con un catalogo che conta più di 300 giochi disponibili”. Oltre all’esperienza, punto di forza dell’azienda è lo sviluppo: “Programmiamo interamente in house e i giochi sono realizzati in JavaScript: questo significa che scriviamo ‘il codice a mano’”. All’interno, anche un reparto che si occupa esclusivamente di modellazione 3D e di Pixel Art: “Tra i giochi sportivi copriamo quasi tutte le discipline esistenti: forse manca il calcio gaelico!”.
Blaster Foundry, il nuovissimo che avanza
Azienda diffusa sul territorio nazionale, con sede principale a Catania, uno spazio nell’incubatore Nana Bianca a Firenze e il direttore tecnico che lavora da Frosinone, Blaster Foundry nasce durante il periodo del Covid e si presenta come potenziale disruptor del mercato. L’azienda è composta da ragazzi giovanissimi, attenti alla grafica e soprattutto all’altissima customizzazione del gioco alla visual identity del brand committente. “Siamo una startup che crea advergame a scopo educativo o pubblicitario. La nostra caratteristica è uno sviluppo del prodotto in funzione dell’usabilità da parte del brand. Tanto per fare qualche esempio, pensiamo a un edugame: attraverso quiz, e sfide interattive si possono formare lavoratori di un’azienda sulle policy interne. Oppure educare chiunque ad una corretta raccolta differenziata”, spiega Neri Salvadori, sales manager di Blaster Foundry. Tra i clienti della startup figurano già grandi nomi come Aeroporti di Roma e Winelivery.
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di Gianluca Schinaia www.wired.it 2023-01-28 17:30:00 ,