Questo non basta, però, a spiegare come World-Check sia arrivata alla sentenza. Primo: Italgiure è accessibile su abbonamento, da parte di enti pubblici o privati, ma, scrive la Cassazione a Wired, “World-Check non è tra gli utenti privati ai quali è stato concesso l’accesso”. E comunque, dice la Suprema corte, “le informazioni possono essere utilizzate solo per uso proprio ed è vietata la commercializzazione”. Insomma, se pure la piattaforma inglese fosse stata iscritta alla banca dati italiani, non avrebbe potuto usare i risultati delle sue ricerche per rivendere informazioni a terzi.
Nel caso di Sentenze web, invece, sono consultabili da parti di tutti, a prescindere da un abbonamento, solo i provvedimenti degli ultimi cinque anni, “per rendere effettivo il diritto all’oblio”, scrive la Cassazione. Dopo un po’, non c’è bisogno che quell’informazione circoli ancora urbi et orbi. E comunque, Proseguono dal Palazzaccio. “gli accorgimenti tecnici adottati in fase di progettazione e realizzazione della banca dati, proprio perché liberamente accessibile tramite internet, escludono i contenuti dalla indicizzazione dei motori di analisi esterni e impediscono un download massivo degli stessi, così da arginare il rischio della raccolta di dati su larga scala”. È bene precisare, tuttavia, che esiste un motore di analisi interno al sito, che consente di cercare le sentenze utilizzando qualsiasi parola chiave. Come il nome o il cognome degli interessati. O una malattia menzionata nel verdetto.
Chi paga per leggere sentenze
Per collaudare a capire chi abbia accesso a Italgiure, Wired ha chiesto al incarico della Giustizia un elenco degli abbonati alla piattaforma, che è di sua proprietà, mediante un accesso civico agli atti. La richiesta è stata accolta solo parzialmente, però. Il dicastero ha specificato di avere al momento 647 enti abbonati, tra pubblici e privati. Questi ultimi sono la maggior numero: 357. Di cui tuttavia non il incarico non ha voluto rivelare i nomi, perché “potrebbe determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone fisiche controinteressate, arrecando a queste proprio quel pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali”.
Wired ha ricevuto solo l’elenco di 90 enti pubblici accreditati dal 2014. Per la maggior parte sono università. Nell’elenco ci sono anche enti di analisi (come Cnr ed Enea), Comuni (in testa Roma e Milano), il Poligrafico dello Stato, l’Agenzia spaziale italiana, l’Istat e la Banca d’Italia. E l’Agenzia delle entrate, disattivata però dal 2017, recita la didascalia nella tabella, “per morosità”.
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di Luca Zorloni www.wired.it 2024-10-08 05:00:00 ,