NEW YORK – “Il dark web è la nuova frontiera delle mafie ed è quindi anche la nuova frontiera dell’antimafia”. Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica di Napoli usa la platea della sede Onu di New York per denunciare, giovedì, l’evoluzione tech della criminalità organizzata e il “forte ritardo” degli Stati nel contrastarla con pari armi informatiche. La presentazione, al Palazzo di vetro, del report Cyber Organized Crime – Le mafie nel cyberspace, pubblicato dalla Fondazione Magna Grecia e curato dal professore della Queen’s University, Antonio Nicaso e da Walter Rauti, coordinatore del Cyber Crime Research Center della stessa fondazione, offre a Gratteri l’opportunità di spiegare come la criminalità organizzata ha conquistato spazi che vedono gli Stati arrancare, sia sul fronte normativo che su quello delle tecnologie.
Banche online e criptovalute criminali
Arrivando a Napoli, il procuratore ha seguito un’indagine che vedeva la Camorra “in grado di costruire una banca online, con 6.000 clienti in Lombardia, Campania e Lazio, con sedi anche in Lituania e Lettonia”. Pur riuscendo a sequestrare circa 2 miliardi e mezzo del capitale scambiato, un miliardo è sparito nella parte sommersa di internet. Tra l’altro le sedi bancarie criminali erano dotate di una tecnologia, di provenienza israeliana, in grado di impedire le intercettazioni e schermare i luoghi fisici degli incontri dei mafiosi.
Gratteri ha precisato che il costo di questo software era di 5 milioni di euro, ma la polizia giudiziaria italiana, pur riuscendo ad entrare nella banca online grazie alle competenze, non può certo permettersi questo tipo di spese e rimane indietro rispetto a Germania e Olanda, le cui polizie sono riuscite a bucare più piattaforme nel dark web.
Competenti professionisti nella gestione delle criptovalute sono gli affiliati della ‘ndrangheta, che nelle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone usano decine di siti per estrarre bitcoin e prodursi la propria moneta elettronica. Sempre una famiglia della ‘ndrangheta ha assoldato degli hacker tedeschi e rumeni per operare transazioni finanziarie miliardarie che nell’arco di 20 minuti hanno coinvolto banche situate in 3 continenti diversi.
TikTok recluta affiliati social
Se la mafia messicana è stata la prima a sbarcare su Facebook, vantandosi della sua ricchezza e dello stile di vita dei suoi scagnozzi, è ora TikTok il nuovo centro per l’impiego aperto dalla criminalità organizzata. Gratteri spiega che la popolare piattaforma video raccoglie risultati non solo in termini di consenso, ma anche in numeri di arruolati, contattati attraverso la piattaforma per diventare “i nuovi garzoni” destinati a morire in una faida tra famiglie o negli scontri con le forze dell’ordine.
Gli imprenditori della droga “sono in grado di costruirsi un nuovo whatsapp o un nuovo Telegram riuscendo a parlarsi tra di loro e noi non siamo in grado di ascoltarli”, perché se è vero che la polizia giudiziaria italiana è imbattibile sul piano del know how, è rimasta molto molto indietro sul piano tecnologico. Il procuratore di Napoli, lancia una stoccata a chi contesta le intercettazioni e vi preferisce i pedinamenti, mostrando prove che la ‘ndrangheta oggi è in grado di acquistare 2.000 chili di cocaina o 40 chilogrammi di oro a settimana senza muoversi dal salotto di casa.
Queste sono mafie di elitè e anche se non stanno ancora soppiantando del tutto la mazzetta, l’essersi impadroniti dell’informatica, l’aver conquistato il mondo web mostra che si è raggiunta una capacità economica, finanziaria e di influenza sul pubblico che non si rescinde con facilità.
Serve l’Onu contro criminalità transnazionale
La sicurezza della rete, delle infrastrutture, dei mercati finanziari non possono essere garantite senza investimenti e Stati Uniti e Cina sono i due paesi che stanno spendendo miliardi di dollari per garantirsi reti di protezione da attacchi sofisticati compiuti anche attraverso l’Intelligenza Artificiale.
Il vice sottosegretario per la protezione nazionale del Dipartimento di sicurezza interna, Ronald J. Clark, intervenuto alla presentazione, ha sottolineato quanto la transnazionalità dei crimini sfide le legislazioni differenti adottate dagli stati sia nelle investigazioni, che nelle definizioni dei crimini e delle condanne. Ecco perché secondo Gratteri, sono le Nazioni Unite che possono fare la differenza. “In questa sede bisognerebbe far capire sia ai paesi che in questo momento sono in guerra, sia a quelli che pensano di essere i padroni del mondo che il problema mafie non è un problema delle democrazie, ma riguarda tutti i paesi del mondo anche i regimi totalitari” sottolinea il magistrato italiano.
L’Onu per Gratteri è il luogo dove “fare sinergie per contrastare le mafie” e a chi preferisce le guerre sul campo o quelle dialettiche, il procuratore suggerisce di “sotterrare l’ascia di guerra e pensare che la lotta alla mafia riguarda tutti i paesi del mondo” e i suoi cittadini.
La rappresentanza italiana alle Nazioni Unite, cosponsor della presentazione del report, ha ricordato che il 28 marzo scorso, su proposta proprio dell’Italia è stata adottata dall’Assemblea generale dell’Onu, la Giornata internazionale per la prevenzione e la lotta a tutte le forme di crimine organizzato transnazionale, che si celebrerà il 15 novembre.