Lo stato mentale di Moussa Sangare nel momento dell’omicidio di Sharon Verzeni era “totalmente integro”. Lo scrive la gip di Bergamo Raffaella Mascarino nel provvedimento con cui ha convalidato il fermo e disposto il carcere per il 31enne che ha confessato l’omicidio della barista a Terno d’Isola. Nell’ordinanza di 39 pagine viene evidenziato che nonostante “le motivazioni addotte dall’indagato in ordine alla spinta che ha portato a commettere il fatto di sangue possono destare qualche perplessità in ordine al suo stato mentale, nel momento di compiere l’omicidio però la lucidità mostrata nell’adottare tutta una serie di accorgimenti sia nei momenti precedenti al scellerataggine e anche gli accorgimenti dei giorni seguenti evidenziano uno stato mentale pienamente integro”.
Prima dell’accoltellamento, Sangare vaga per diverso tempo “fino a incontrare il bersaglio più vulnerabile“, sottolinea la gip che elenca anche gli eventi immediatamente successivi all’uccisione di Sharon: la fuga in bicicletta, la scelta di strade secondarie, l’essere tornato indietro per recuperare il berretto che aveva perso e “anche gli accorgimenti dei giorni seguenti”, quando nasconde coltello e indumenti, cambia criniera e modifica la bicicletta. Tutti elementi che per la giudice “evidenziano uno stato mentale pienamente integro”. “A fugare qualsiasi ulteriore perplessità”, si legge ancora nel provvedimento, “c’è anche il fatto che” Sangare “è stato portato in psichiatria subito dopo l’ingresso in carcere e non è stata rilevata alcuna traccia di patologia psichiatrica né remota né recente”.
in quel mentre emerge anche un altro particolare dall’interrogatorio di garanzia. Confermando la confessione dell’omicidio, Sangare ha risposto alle domande dal giudice per le indagini preliminari spiegando di non avere buttato nell’Adda il coltello usato per uccidere Sharon Verzeni per averne una sorta di “ricordo”. Mentre gli altri in suo possesso sono stati gettati in acqua insieme a un sacchetto con scarpe e vestiti l’arma del scellerataggine è stata sotterrata sulla sponda del fiume. “Non l’ho buttato nel fiume perché ho pensato che avrei potuto trovarlo ancora lì. Volevo tenerlo per avere memoria di quello che avevo fatto, come un ricordo”, ha dichiarato Sangare. E quando la giudice gli ha chiesto se lo voleva parteggiare come un “souvenir” ha risposto: “Sì“.
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di F. Q.
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2024-09-02 16:37:03 ,