Si è parlato tanto del tema dei quarti posti a Parigi 2024. Lei che idea si è fatto?
“Oltre ai medagliati, il presidente Mattarella ha imperioso di ricevere al Quirinale anche i quarti posti (il prossimo 23 settembre ndr) dando una valenza positiva a questi venticinque piazzamenti.
E torniamo all’inizio, al concetto di crescita e miglioramento. Ma come sta lo sport italiano oggi?
“Secondo me sta bene anche se tendiamo a guardare sempre gli altri, cercando cosa ci manca. Diciamocelo chiaramente: il nostro problema sono le strutture e gli impianti che a volte rappresentano un freno. Per il resto siamo degli eccellenti laboratori di creatività e competenza”.
Come giudica il quarto posto della sua nazionale?
“C’è amarezza per la partita con gli Stati Uniti che ci poteva dare la medaglia di bronzo. Parlo di questa partita perché la semifinale con la Francia ha fatto emergere una superiorità dei nostri cugini transalpini che dobbiamo accettare. Con gli Usa invece è stata una partita combattuta e potevamo farcela”.
Cosa resta di quell’amarezza?
“La possibilità di trasformarla in un propellente per mettersi a lavorare e sistemare qualche dettaglio. Perché poi è sempre una questione di dettagli”.
Dopo un oro mondiale e un oro e un argento europei in tre anni, la sensazione è che questo quarto posto abbia consolidato una generazione di atleti. È così?
“Dal 2021 stiamo facendo un percorso di eccellenza. A ogni torneo siamo la squadra più giovane. A Parigi avevamo un’età media di 24 anni, mentre la Francia che ha vinto l’oro e ci ha sconfitto in semifinale, di 30. Guido un gruppo che se lavora bene ha davanti due cicli olimpici. Possiamo progettare un grande futuro”.
Che effetto le ha fatto ritrovare la sua generazione di fenomeni, sfidare Giani in una semifinale olimpica e veder vincere Velasco e Bernardi sulla panchina delle azzurre?
“Con Giangio (Andrea Giani ndr) ci siamo incontrati diverse volte e ormai siamo habitué. Sono felice per lui perché è un ragazzo in gamba con cui ho condiviso tanti bei momenti. E poi è stato emozionante veder vincere Giulio (Velasco) e Lorenzo (Bernardi) con cui ho vissuto esperienze importanti. Ci siamo incontrati al villaggio olimpico e ci siamo detti che se qualcuno venti anni fa ci avesse predetto il futuro… non ci avremmo creduto”.
Il suo ultimo libro si intitola Egoisti di squadra. Che significa?
“È un libro che parla di crescita e leadership attraverso le mie esperienze nel volley. Il titolo è un ossimoro intrigante perché l’egoismo sembra un concetto negativo, ma è fondamentale se vuoi realizzare un obiettivo. A una condizione però: devi metterlo a disposizione della squadra”.
E se non lo si fa?
“Allora diventa egocentrismo. E quello può davvero distruggere un team”.
In diverse occasioni ha dichiarato che le sconfitte devono essere poche, ma importanti. Ce lo spiega?
“Devono essere poche perché se perdi molto c’è un problema più serio” (ride).
Qual è una sconfitta importante?
“Quella che arriva alla fine di un percorso. Quella di Parigi, per noi, ad esempio lo è. Dobbiamo saperla utilizzare per farci trovare pronti la prossima volta”.
In Italia esiste una cultura della sconfitta?
(Ride) “Così e così. Non tanto, però ci stiamo lavorando”.
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di Federico Vergari www.wired.it 2024-09-19 05:00:00 ,