Sedici ore per l’accusa e sedici per la difesa, suddivise in due giorni. Quattro ore per le domande dei senatori-giurati alle parti. Ore di discussione per decidere se e quali testimoni chiamare in aule e quali ulteriori documenti richiedere agli atti. Poi le arringhe conclusive. Co un verdetto possibile a giorni, a tempo di record, forse la prossima settimana.
E’ questo, nelle sue terse regole, il processo al Senato contro Donald Trump. Un processo storico, il primo Presidente, in questo caso ora ex Presidente, a essere processato due volte per reati da impeachment commessi durante un solo mandato. L’accusa non potrebbe essere più grave; incitamento all’insurrezione contro le stesse istituzioni democratiche, per l’assalto al Congresso del 6 gennaio per mano di suoi sostenitori violenti, centinaia di occuparono Capitol Hill. Alla fine il bilancio è stati di almeno 5 vittime – più due agenti della polizia parlamentare che si sono successivamente suicidati – e ad oggi oltre 200 arresti per un episodio che è stato definito di terrorismo domestico e che aveva l’obiettivo di sovvertire l’esito di regolari elezioni dalle quali era emerso vittorioso l’attuale Presidente Joe Biden.
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La prima seduta del processo
Il processo è entrato subito nel vivo in un clima di tensioni e divisioni, fin dalle fasi preliminari. Martedì sono state bocciate nela prima seduta le obiezioni alla procedura. Di solito adottate all’unanimità, sono state invece portate al voto, con undici senatori repubblicani che si sono opposti. Poi quattro ore di discussione sulla costituzionalità del processo, di portare alla sbarra chi oggi è un ex Presidente. Il voto in serata ne ha dichiarato la costituzionalità, ma a più stretta maggioranza: 56 a 44, con sei repubblicani che si sono uniti a 50 democratici. Uno in più del previsto, un senatore moderato della Louisiana, Bill Cassidy, ma comunque una pattuglia scarna, che lascia presagire grandi difficoltà nell’arrivare a una condanna di Trump, che richiede la maggioranza qualificata e quindi la defezione di 17 senatori. La maggioranza dei repubblicani si è trincerata dietro l’obiezione che il processo di impeachment sarebbe riservato solo a politici incarica. Un’interpretazione respinta dalla stragrande maggioranza degli esperti, compresi molti conservatori.
I manager-accusatori
La pubblica accusa, affidata a deputati scelti dalla Camera che ha deciso l’impeachment e chiamati manager del caso, ha alzato subito il tiro. Sono guidati da Jamie Raskin del Maryland, deputato e costuzionalista. Ha ripercorso la storia dell’impeachment, le sue origine nel sistema legale britannico e la sua formulazione americana, mostrando coma sia stato usato per portare a processo ex funzionari eletti o dimissionari. Uno dei casi più eclatanti, un Segretario alla Guerra statunitense nell’Ottocento accusato di corruzione e che si era fatto da parte proprio per cercare di evitare l’impeachment. Raskin ha inoltre condannato come senza fondamento costituzionale quella che ha definito la tesi della January Exception, cioè di una eccezione per il mese di gennaio, dove un presidente in uscita possa commettere gravi reati e non essere punito dal Congresso perché nel frattempo è fuori dalla Casa Bianca. La Costituzione stessa prevede un rimedio applicabile a politici eletti e non più in carica, la messa al bando da futuri posizioni pubbliche.
La difesa sotto pressione
I riflettori sono stati puntati con particolare attenzione sugli avvocati dell’x Presidente. Trump ha faticato ad arruolare una squadra legale: dopo numerose dimissioni, ha incaricato due avvocati poco noti, David Schoen dell’Alabama specializzato in casi di diritti civili, e Bruce Castor, ex procuratore in Pennsylvania. Il primo è considerato un solido avvocato, con esperienza anche nel difendere accusti controversi quali il Ku Klux Klan. Il secondo è noto soprattutto per una mancata incriminazione della stella dello spettacolo Bill Cosby per abusi sessuali. La loro performance è stata però giudicata nell’insieme molto debole nelle prime fasi processuali. Castor, in particolare, ha offerto una presentazione definita dai critici come sconclusionata e incapace di entrare nel merito della costituzionalità. Cassidy, il senatore repubblicano della Louisiana, ha definito i discorsi dei legali di Trump come “orribili”. Gli altri repubblicani che hanno votato per far continuare il processo comprendono Mitt Romney e Susan Collins.